Questo autunno 2023 sta riproponendo le paure ataviche di noi liguri: il mese di ottobre, e l'inizio di novembre continua sullo stesso trend, è stato quello delle allerte meteorologiche, delle piogge infinite e potenti, del mare in tempesta, delle frane.
E' un passo indietro agli anni delle alluvioni frequenti che gli autunni siccitosi delle ultime annate ci avevano fatto dimenticare: ma la Liguria è terra fragile e queste piogge intense ce lo ricordano con plastica evidenza.
E così l'entroterra si è riscoperto territorio di frane: quella di Rezzoaglio, che ha tagliato fuori dalla Liguria il comune di Santo Stefano d'Aveto e il suo comprensorio, è certamente l'episodio più grave. Solo un miracolo ha impedito a quella massa di fango, sassi e detriti di mietere delle vittime: la pesante lingua crollata dal pendio ha travolto un garage, alcune automobili e si è appoggiata su uua casa senza danneggiarla, ricoprendo nella sua corsa l'unica via di comunicazione.
Un'altra frana ha colpito Favale di Malvaro, località di levante che sa regalare scorci da cartolina nel giusto periodo dell'anno, altre ancora, piccole e grandi, hanno interessato la regione a macchia di leopardo senza risparmiare nemmeno Genova, dove lo smottamento ha interrotto per un paio d'ore una strada di Pontedecimo.
Episodi, quelli del terreno che crolla, che sono difficilmente prevedibili e che non sempre risultano direttamente proporzionali al colore dell'allerta meteorologica: in allerta gialla è perfettamente possibile che in uno specifico punto della Liguria si addensi una particolare quantità di pioggia che, insistendo su un terreno debole, produca uno smottamento. Episodi che possono addirittura accadere nelle giornate di pieno sole che seguono le ondate di maltempo.
Ed è qui che emergono le difficoltà organizzative dei sindaci che gestiscono comuni con pochi abitanti ma territori immensi, spesso boscosi: pochi uomini per monitorare molti chilometri di strade, foreste, pendii. Ed è paradossalmente una fortuna quando i danni interessano le strade provinciali e soprattutto le statali, che sono gestite da enti più grandi che possono fare fronte alle emergenze.
Sindaci che sono la faccia pulita dello Stato: poco pagati, appassionati al massimo grado, spesso disposti a sonnecchiare un paio d'ore su brandine nella casa comunale per continuare a seguire le allerte notturne. Eroi, in qualche caso, senza timore di scadere nella retorica.
Riconosco che questo commento si sia limitato, fin qui, a mettere in fila una serie di fatti e che manchi una tesi: come si fa a garantire una risposta migliore, a evitare in futuro il ripetersi di tragedie legate al maltempo?
Ho traccheggiato fino alle ultime righe perché non ho una risposta: trasferire più risorse e mezzi ai piccoli comuni potrebbe essere un'idea, da concertare con il ragioniere generale dello Stato, ed è questo il problema. Forse una diversa organizzazione dei comuni stessi, magari da accorpare o coordinare con unioni di varia natura che sono già state sperimentate con successo anche in Liguria.
Infine sarebbe utile recuperare la cultura dell'entroterra, che un tempo era difeso soprattutto dalla mano dell'uomo: l'agricoltura è stata storicamente la prima protezione dei territori, settore oggi largamente abbandonato perché spesso non sostenibile sul piano economico. Visto che siamo in periodo di manovra finanziaria, sarebbe ora che il Governo mettesse mano a questa importante nicchia della nostra economia per prevedere incentivi e detassazioni che sarabbero meno costose del guasti che potrebbero evitare.
IL COMMENTO
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