Leggevo pochi giorni fa la tragedia del rider di mezza età stroncato da un infarto mentre era sotto stress per la forsennata consegna dei pacchi. Sono i primi lavoratori che mi vengono in mente quando penso alla necessità umana di un salario decente. Il termine “salario minimo” è persino offensivo e in un paese democratico sarebbe più onesto parlare di “salario giusto”.
Ma la questione più “cittadina”, più “genovese” se volete è un’altra e riguarda il sovraffollamento della città dovuto all’ingolfo del furgoni, certamente più ingombranti delle biciclette. Che il sistema degli acquisti sia largamente cambiato, è davanti ai nostri occhi: purtroppo la funzione dei negozi in questi anni si è ridotta a vantaggio dell’acquisto on line, indispensabile in una società dove uomini e donne lavorano e il tempo per “fare le spese” è radicalmente diminuito. Quindi non condanno assolutamente questa evoluzione (che utilizzo) anche se rimpiango il negozio di quartiere e mi addolora quando vedo che uno di questi è costretto alla chiusura. Una città senza negozi sotto casa è una città umanamente morta. Una via senza negozi è un pianto, perché il negozio è chiacchiera, colloquio, consiglio e anche consolazione.
Dunque. Ormai nelle ore di punta Genova è invasa dai furgoni e le soste di questi automezzi in doppia fila con conseguenti ingorghi sono una complicata realtà. A guidare il furgone è lo stesso poveretto che deve anche scendere e consegnare il pacco, augurandosi che il palazzo della consegna sia dotato di (rarissime) portineria e quindi la consegna sia più rapida. Altrimenti l’ingorgo raddoppia, i clackson si svegliano e la città subisce il danno.
Vi sarete trovati qualche volta alle 9 di mattina nel pieno centro di Genova, piazza Fontane Marose o via Roma, per esempio. La doppia fila è una immagine abituale con le altre auto costrette a invadere la corsia gialla dei bus e questi bloccati nell’ora di punta. Per non descrivere l’assurdo di una splendida via Garibaldi, teoricamente pedonalissima, intasata dai furgoni nell’ora in cui i bambini vanno a scuola.
Dunque qualcosa si dovrebbe fare. Non è una soluzione facile perché la consegna dei pacchi deve avvenire entro determinati tempi, le auto finché non si avrà il coraggio (rarissimo in politica!) di fare altre vaste isole pedonali serie in centro, devono liberamente circolare, ma soprattutto devono camminare i cittadini appiedati che sono tanti e vanno, ogni tanto, anche e votare.
Già, le isole pedonali. Un argomento tabù nella monotonia della politica urbana. Ricordo solo, perché le ho vissute, le coraggiose pedonalizzazioni di via San Vincenzo (con annessa rivolta dei commercianti di allora), quelle di via Sestri, del Quadrilatero e quella voluta fortemente dal sindaco Pericu che per il G8 del 2001 decise la rivoluzionaria chiusura alle automobili di via San Lorenzo. Ci ha forse perso il commercio? Mi pare che sia accaduto l’esatto contrario per fortuna.
Dunque una delle soluzioni per evitare l’ingolfo da furgoni sono le pedonalizzazioni, timidamente evocate in campagna elettorale, ma finora dimenticate con “politica” prudenza.
Bucci è un sindaco forte politicamente. Io continuo a sperare furgoni permettendo.
La città senza isole pedonali occupata dal popolo dei furgoni
2 minuti e 29 secondi di lettura
di Mario Paternostro
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