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Da decenni oramai come l’araba fenice a Genova rispunta in modo seriale il dibattito sulla Sopraelevata. Allora la buttiamo giù o no? E questa volta, anno di grazia 2023, la discussione sembra molto più animata perché  c‘è di mezzo la oramai decollata costruzione del tunnel subportuale, del quale si era già parlato nel lontano 2002, sindaco l’indimenticabile Beppe Pericu, quando il dubbio era se questa ardita galleria o piuttosto un ponte, stile Brooklin o san Francisco.

Renzo Piano ha preso posizione, chiedendo che decidano i genovesi, il sindaco ha annunciato che c’è tempo per decidere quanto e dove demolire pezzi di Sopraelevata, Maurizio Rossi ha conclamato il suo no secco alla distruzione di questa opera chiave, Arcangelo Merella, uno dei più esperti, gli si è affiancato con alcuni distinguo e la notizia non da poco che fra qualche anno la Sopraelevata potrebbe essere storicamente vincolata come opera monumentale, quindi intangibile.

Ricordiamo bene, noi soliti boomers rompiscatole, che la Sopraelevata fu costruita in soli 18 mesi di lavoro e terminata nel 1965, risolvendo per sempre, ripeto per sempre, il traffico a Genova e diventando quella “macchina scenica” strepitosa che offre la possibilità di conoscere la città viaggiando nella sua pancia e che “a rovescia”, facendosi ammirare dall’esterno ( salite su un tetto di Castelletto o di qualsiasi terrazzo con vista buona sul centro storico o anche a Carignano e vedrete...) mostra immagini di rara bellezza per quel serpente di auto che con le sue spire si incunea tra i palazzi, il porto antico, trapassando quartieri e scenari incredibili.

Quell’opera si deve al genio di Ivo Lapi, l’assessore socialdemocratico che ne fu l’anima nella giunta di centro sinistra di Augusto Pedullà: uomini facilmente e ingiustamente dimenticati, che in 18 mesi, grazie a tecnici di una competenza e efficienza mirabili, e all’appoggio dell’ Italsider, allora “azienda-madre” , costruirono un’opera in mezzo alla città, che continuava a funzionare, affrontando problemi delicatissimi, demolendo pezzi storici, come il famoso Ponte Reale, senza che nessuno battesse ciglio.

Ricordiamo anche nel fantastico film documento, che racconta quella costruzione- lampo, conservato dalla Fondazione Ansaldo, gli operai in canottiera e berretto di carta arrampicati in cima alle strutture che rischiavano la pelle, picconando e issando i pezzi di acciaio che erano la struttura portante della Sopraelevata.

E ora vogliamo cancellare parti o addirittura tutto questo, perché nasce una soluzione alternativa? Sul tunnel subportuale, per tempi e modi, è lecito avanzare qualche dubbio, interrompendo l’entusiasmo travolgente che in questa fase porta avanti quasi ogni giorno progetti, idee, rivoluzioni trasportistiche, soluzioni aeree e terrestri, funivia, ovovie, sky tram, metrò finalmente lanciati verso nuove stazioni di arrivo e passaggio, dopo anni nei quali sembrava, la nostra metro, quello che avevamo battezzato in anni antichi  io e Mario Paternostro su “Il Secolo XIX” di allora “ la metropolitana cucù”. Infatti i pochi metri e poi chilometri della linea assomigliavano, per il breve tratto del percorso, a quell’orologio con l’uccellino, che spunta di botto da una mini galleria e poi subito rientra. La galleria, manco a dirlo, era quella di Certosa, da dove prima sbucava il tram.

Mi spiace, ma non troppo: io sto con Maurizio Rossi e spero che la Sopraelevata resti sempre e tutta intera in piedi, perché la giudico insostituibile in ogni suo pezzo.

Spero che mi venga risparmiato il debat public, che mi ricorda quello generoso per discutere la famigerata Gronda, che venti anni dopo dobbiamo ancora vedere, non nella sua realizzazione. ma perfino nella reale intenzione di cominciarla.

Spero anche che non andiamo a cacciarci in un referendum sulla Sopraelevata, che forse avrebbe il solo pregio di attirare più votanti di quelli ultra calanti delle elezioni politiche e amministrative.

Decisioni come queste vanno prese con coraggio e decisione da chi amministra la città e ha ben chiaro in testa tutto il suo disegno, le conseguenze delle scelte e le prospettive che si aprono in un caso o nell’altro. Lasciate la Sopraelevata, magari miglioratela nell’estetica, coloratela. Abbellitela, “usatela” urbanisticamente, magari aggiungete qualche uscita, per esempio in direzione Ponente, collegatela meglio alla rete cittadina, ma un solo grido: “Giù le mani!!!!”