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Forse alla categoria dell'invecchiare male, argomento intorno al quale da' un impareggiabile saggio Maurizio Maggiani sul Secolo XIX di domenica, appartiene anche il non capire. Difatti, la domanda sorge spontanea: che cosa sta avvenendo nel Pd? Dunque: si decide di anticipare la celebrazione del congresso, solo che alla fine le primarie si svolgeranno un mesetto prima, e forse neppure, di marzo 2023, cioè la data originariamente indicata per scegliere il successore di Enrico Letta. Tutto 'sto bordello per una trentina di giorni?

E vabbe'. Però, eccone un'altra. Non bastasse il casino che fanno quanti già stanno sotto quel tetto, una variazione delle regole permetterà anche agli incompatibili del passato di competere per la leadership. La clausola sembra fatta su misura per consentire la candidatura di Elly Schlein, una che non dice tutte cose da buttare ma che ad un certo punto ha schifato il Pd, dopo aver sostenuto Pippo Civati alle primarie del 2013 e aver ottenuto, l'anno dopo, un seggio da europarlamentare.

Ora, come indipendente, è una deputata. Ma fa sapere che tornerà sotto le insegne del Pd proprio perché aspira alla sua massima carica. Sfiderà il governatore Stefano Bonaccini, del quale è la vice in Emilia Romagna. Diciamo una stranezza? Diciamolo. Anche se forse alle latitudini "piddine" non è neanche la più... strana.

E le correnti, che in questi anni sono state riconosciute da tutti gli osservatori come il male principale del Pd? Le deputate Quartapelle e Madia ne hanno chiesto lo scioglimento, appellandosi anche al buon senso. Ma per adesso non se ne fa niente, perché i Franceschini, gli Orlando, gli Orfini, i Nardella, i Guerini e via elencando, tra capi e loro immediati sostenitori, sono ancora molto forti.

Anzi, la componente guidata da Franceschini potrebbe pure appoggiare la Schlein. Sarei curioso di vedere se lei dirà che non gradisce, anzi che rifiuta proprio, proponendo mirabolanti rinnovamenti. Bonaccini, sul punto, è già stato lapidario: "Non chiederò a nessuna corrente di sostenermi, né accetterò il sostegno di qualsivoglia corrente". Almeno questo è parlare chiaro.

Sullo sfondo c'è la proposta che tuttavia, a mio avviso, rimane la più efficace e credibile e che arriva dal ligure Brando Benifei: via il segretario e via tutta la prima linea del Pd. Una piazza pulita in piena regola, altrimenti si tratterà dell'ennesimo pannicello caldo, come se sono già visti tanti in questi anni.

Difatti, mentre accade tutto ciò, una parte ancora consistente del partito vorrebbe sostenere la candidatura di Letizia Moratti a presidente della Lombardia, nelle prossime imminenti regionali del 2023. Per carità, Moratti è una forte, fortissima, ma anche una che ha fatto tutta la sua carriera come alfiere del centrodestra. Ora viene a dirci, pur essendo stata fino a ieri vice e assessora del leghista Fontana, che per ragioni di coerenza (!) lì non ci si ritrova più e dunque è pronta a cimentarsi per il centrosinistra (il cosiddetto Terzo polo l'ha già benedetta come propria candidata).

Nei giorni scorsi, su questo stesso sito, il collega Davide Lentini si interrogava se fosse garanzia di successo, per il Pd, sterzare a sinistra. Troppo sofisticato quel pensiero, caro Davide. Io resterei più in basso: come lo spieghi a un elettore di Genova, quella città che nonostante tutto continua a votare Pd ben oltre la media nazionale, che a rappresentarlo nella più importante regione italiana potrebbe essere una che il suo percorso politico, pur stellare, lo ha compiuto tutto dalla parte opposta?

Io una siffatta spiegazione non so darla. E allora la dico come mi viene: forse sto rincoglionendo! Forse, perché quando sulla questione interrogo più persone, di provata fede "piddina", scopro di non essere l'unico al buio. E pazienza se sono anziani come me. Però se chi veleggia sotto i quaranta e pure sotto i trent'anni ha i miei dubbi medesimi, allora concludo che il problema non è il mio. Starò pure invecchiando male, per dirla con Maggiani, ma con questo Pd chi ci capisce è bravo...

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