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Il locale era stato chiuso per 30 giorni. Al momento della riapertura, i titolari sono stati costretti a chiudere alle 21, ogni sera, per almeno sei mesi
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 GENOVA-Era stato chiuso per 30 giorni e poi riaperti, ma con un orario ridotto che costringeva ad abbassare la saracinesca già dalle 21 nei weekend. Un brutto periodo che finisce con un risarcimento di 7500 euro per un locale del Centro Storico che, poi seguito da altri cinque locali, si era rivolto al Tar della Liguria dopo l'ordinanza anti-movida rumorosa.

Poco dopo un'altra ordinanza anti-rumore aveva costretto altri otto locali a chiudere alle 23,30 il venerdì, il sabato e anche alla domenica. I locali inizialmente interessati dalla nuova regola erano il bar degli "Asinelli" ed il "Gio.Si" in via Canneto il Lungo, i locali "Atmosfera", "Boss", "La Vita" e "Rosso di Sera" in via San Donato, il "Tequila" in piazza Ferretto, oltre la celebre birreria "Moretti" di piazza San Bernardo. Cinque di questi si erano così  rivolti al Tar, che aveva già deciso il 9 dicembre di sospendere il provvedimento per i cinque bar che hanno presentato l'istanza, almeno fino al 14 dicembre.

Chiusi alle 23:30, rinviata udienza al Tar: cinque locali del Centro Storico continueranno a chiudere all'una-LA NOTIZIA

Nel caso particolare di questo bar, il Comune aveva fatto riferimento ai rilievi fonometrici che "avrebbero fatto registrare, in tutta la zona, emissioni sonore superiori alla soglia massima prevista per le rispettive fasce orarie nonché le riprese video e fotografiche che dimostrerebbero la maggior presenza di assembramenti di persone nel tratto della pubblica via che comprende l'esercizio della ricorrente". Il bar ha contestato la legittimità del provvedimento con cui il Comune di Genova ha disposto la sospensione per 30 giorni del titolo autorizzativo relativo al pubblico esercizio della ricorrente e la chiusura anticipata alle ore 21 per i sei mesi successivi.

"Tale provvedimento era dichiaratamente inteso a contrastare i disagi provocati dal fenomeno della "movida" nel centro storico genovese, con assembramenti di persone che, stazionando nella pubblica via antistante i locali della zona, provocavano disturbo alla quiete pubblica fino a tarda ora - si spiega nella sentenza che annulla l'ordinanza contro il bar -. Nel caso in esame, invece, il Comune ha operato generici riferimenti ad elementi istruttori (segnalazioni di residenti, rilievi fonometrici, riprese video e fotografiche) che riguardano l'intera zona, sicché risulta anche impossibile individuare i criteri sulla base dei quali, tra i vari locali ivi ubicati, siano stati "selezionati" quelli ritenuti meritevoli di temporanea chiusura.

"Trattandosi di un "cocktail bar", ossia di un locale che opera nelle ore serali e notturne, non può convenirsi con la prospettazione della difesa comunale secondo cui la ricorrente avrebbe potuto contenere il danno cagionato dalla riduzione dell'orario di chiusura attraverso la corrispondente anticipazione dell'orario di apertura, poiché tale soluzione avrebbe implicato una radicale trasformazione della tipologia di attività commerciale".

In caso di rumori e disagi creati dalla movida notturna nel centro storico di Genova, il "gestore del locale non può vigilare e intervenire nei confronti delle persone che fanno schiamazzi o disturbano nella pubblica via fuori dal suo esercizio commerciale". È uno dei motivi con cui il Tar della Liguria ha bocciato le ordinanze anti-movida disposte nei confronti del primo cocktail bar, e di un secondo, anche lui sottoposto a orari ridotti. Il tar ha stimato una "perdita di ricavi conseguibili nel periodo di chiusura dell'esercizio e di riduzione dell'orario per un importo di 4.500 euro".

"Il Comune si è limitato a descrivere gli inconvenienti cagionati dal fenomeno della movida notturna che la presenza del locale della ricorrente, insieme agli altri esercizi della zona, contribuirebbe a favorire, senza evidenziare responsabilità del gestore al riguardo, poiché non è stata indicata l'esistenza di fonti di disturbo all'interno del locale o negli spazi esterni di eventuale pertinenza dello stesso, ma esclusivamente nella pubblica via antistante tale esercizio, in un contesto spaziale estraneo al dovere di vigilanza del gestore - spiega il Tar nella sentenza che stabilisce il risarcimento danni di 4.500 euro per un bar - A tale riguardo, la difesa comunale richiama il regolamento di polizia urbana, in forza del quale è fatto obbligo a titolari e gestori di esercizi pubblici di somministrazione "di vigilare affinché all'uscita dei locali i frequentatori evitino comportamenti dai quali possano derivare rumori e disturbi alle persone nelle fasce orarie" notturne, ma tale previsione non può comportare anche l'obbligo né la legittimazione del gestore ad intervenire nei confronti delle persone, provenienti o meno dal suo locale, che stazionino nella pubblica via".

 

 

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