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Lettera dell'amministratore delegato della multinazionale franco-indiana alla premier Meloni: "Disponibili a vendere nostra partecipazione azionaria a investitore che il governo dovesse indicare a un prezzo almeno pari al nostro ultimo contributo"
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GENOVA - Quella che inizia questo lunedì sarà una nuova settimana calda per quanto riguarda il futuro dell'ex Ilva (oggi Acciaierie d'Italia). Primocanale lunedì sera dedica un approfondimento sulla situazione. 

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da lunghe fasi di tensione tra il governo che gestisce la parte pubblica attraverso Invitalia (che controlla il 38% di Acciaierie d'Italia) e ArcelorMittal (che ha in mano il 62% delle quote). Dopo che gli ultimi incontri sono andati a vuoto ora si fa sempre più forte l'ipotesi nazionalizzazione con la fuoriuscita di Mittal che ha fatto capire che non intende investire sul rilancio dell'ex Ilva. Il governo punta al commissariamento per poi avviare la ricerca di un nuovo partner industriale.

La multinazionale franco-indiana attraverso una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni fa sapere che il gruppo ha "preso comunque atto della decisione del governo e quindi, al fine di assicurare un clean break (taglio netto, ndr), abbiamo offerto di cedere la nostra intera partecipazione a Invitalia, per un prezzo che riflette solo una frazione del nostro investimento per cassa. Sebbene Invitalia l'abbia rifiutata, tale offerta rimane sul tavolo nel caso in cui il Governo desiderasse riconsiderarla". La lettera è firmata dall'amministratore delegato di ArcelorMittal Aditya Mittal che punta a riaprire il dialogo sul dossier ex Ilva.

La lettera prosegue: "Comprendiamo che il governo - afferma l'ad della multinazionale - preferisce porre fine alla partnership con il nostro gruppo e selezionare un partner diverso con cui programmare il futuro di AdI, nonostante noi abbiamo aiutato AdI a completare in modo pieno e tempestivo il suo piano ambientale e a realizzare 2 miliardi di investimenti e sostenuto la sua attività durante il difficile periodo del Covid e della crisi dei costi dell'energia". Inoltre, "abbiamo acconsentito - prosegue Aditya Mittal nella lettera - di proseguire questa partnership oltre la formale scadenza di maggio 2022 prevista nell'accordo di investimento originario nell'aspettativa che il sostegno pubblico per AdI, offerto dalle amministrazioni precedenti, si materializzasse".

Nello stabilimento di Genova Cornigliano sono 1000 i lavoratori interessati dalla vertenza, a loro si aggiungono i 208 di Ilva in amministrazione straordinaria. Pochi mesi fa gli stessi sindacati genovesi, che da tempo chiedevano una svolta all'immobilismo portato avanti da Mittal, hanno detto di essere pronti, entro un anno, a rivedere l'accordo di programma del 2015 che riguarda le aree ex Ilva a patto di garantire l'occupazione dei lavoratori. Da tempo sindacati e lavoratori denunciano da una parte la sottoproduzione dello stabilimento, che ha tra le sue peculiarità la produzione di latta e banda stagnata, e dall'altra la mancanza delle misure di sicurezza con una lunga serie di incidenti che si sono verificati a Cornigliano.

Nella missiva Mittal conferma la posizione della multinazionale: "Accettiamo di essere diluiti al rango di azionisti di minoranza (e perdere il controllo congiunto e qualunque potere di veto o casting vote, ovvero voto decisivo) attraverso la conversione dei finanziamenti soci e un'iniezione di capitale da parte di Invitalia e, ciononostante, al fine di eliminare ex ante qualunque preoccupazione in materia di aiuti di stato, AM è altresì disponibile a contribuire in AdI Holding esattamente un terzo del contributo pubblico finalizzato all'acquisto dei rami". Inoltre, "confermo che siamo disponibili - afferma l'Ad - a vendere la nostra partecipazione azionaria a un investitore che il governo dovesse indicare a un prezzo almeno pari a tale nostro ultimo contributo. lnvieremo all'ufficio del sottosegretario Mantovano un 'term sheet' che dettaglia questa posizione. Confidiamo - conclude Aditya Mittal rivolgendosi alla premier Meloni - che questa lettere convinca il suo governo che azioni unilaterali ed estreme sono sia indesiderabili sia superflue alla luce della proposta concreta e specifica che abbiamo presentato, e restiamo in attesa di essere contattati dal suo ufficio o dai suoi rappresentanti sui prossimi passi. Rimango personalmente disponibile a incontrarla quando le sarà possibile per finalizzare le nostre interlocuzioni".