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Il presentatore genovese fu accusato ingiustamente di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico
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E' una delle pagine più nere della giustizia italiana. Alle quattro di notte del 17 giugno 1983, esattamente quarant'anni fa, Enzo Tortora – genovese, uno dei volti più noti e amati della televisione – veniva arrestato dai carabinieri che gli notificarono un mandato di cattura firmato dal giudice istruttore Giorgio Fontana su richiesta dei procuratori Francesco Cedrangolo e Diego Marmo con l'accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. A colui che aveva condotto per anni con stile ed eleganza la 'Domenica sportiva' portando poi 'Portobello' nelle case di ventisei milioni di italiani non venne risparmiato nulla, compresa l'umiliazione di essere mostrato in manette davanti agli scatti dei fotoreporter e alle telecamere di quella tv di cui era stato uno dei padri fondatori, immagini che fecero il giro del mondo. Fu attaccato anche nell'ambiente giornalistico, con la pubblicazione di storie completamente false che ne minarono la figura umana e professionale.

Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso (noto come 'Gianni il bello) e Pasquale Barra. Contro di lui arrivarono anche le testimonianze di 8 imputati nel processo alla Nuova Camorra Organizzata, tra cui Michelangelo D'Agostino, un pluriomicida soprannominato il 'killer dei cento giorni', e quelle, rivelatesi poi false, di Giuseppe Margutti, un pittore già pregiudicato per truffa e calunnia, e della moglie Rosalba Castellini che dichiararono di averlo visto spacciare droga negli studi di Antenna 3. Gli elementi 'oggettivi' si fondavano esclusivamente su un'agendina trovata nell'abitazione di un altro camorrista, Giuseppe Puca detto O'Giappone, recante scritto a penna un nome che appariva essere inizialmente quello di Tortora, con a fianco un numero di telefono. In realtà, dopo una perizia calligrafica il nome risultò di un tale Tortona e neppure il recapito telefonico era del presentatore.

Il 17 gennaio 1984, dopo 271 giorni di carcerazione, gli vennero concessi gli arresti domiciliari ma il 17 settembre 1985 i due pubblici ministeri Lucio Di Pietro e Felice Di Persia, ottennero la sua condanna a dieci anni di carcere in un processo in cui venne definito 'un cinico mercante di morte eletto con i voti della camorra'. Il 7 maggio 1984 infatti Tortora aveva accettato di candidarsi eurodeputato nelle liste del Partito Radicale che ne aveva sostenuto le battaglie giudiziarie ed esattamente un anno dopo il suo arresto, il 17 giugno, venne eletto con quasi 415.000 preferenzeIl 13 dicembre 1985 si dimise da europarlamentare rinunciando all'immunità e il 29 tornò agli arresti domiciliari. La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando fu assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Napoli con sentenza confermata l'anno successivo dalla Corte di cassazione. Secondo i giudici, gli accusatori del presentatore legati ai clan camorristici avevano dichiarato il falso allo scopo di ottenere una riduzione di pena mentre il pittore Margutti voleva trarre pubblicità da questa vicenda per poter vendere meglio i propri quadri.

Tortora tornò in tv a presentare 'Portobello' il 20 febbraio 1987 (è rimasta famosa la frase con cui aprì la prima puntata: 'Dove eravamo rimasti?') ma quella seconda esperienza non andò avanti per molto perché – così disse chi lo conosceva bene – dopo quanto vissuto 'non aveva più voglia di sorridere'. Tortora morì a soli 59 anni il 18 maggio 1988 stroncato da un tumore polmonare. Su questa drammatica storia dal sapore kafkiano il regista Marco Bellocchio ha annunciato a Primocanale di essere intenzionato a girare il suo prossimo film.

Guarda dall'archivio storico di Primocanale la trasmissione che Mario Paternostro gli ha dedicato nel 2008

ENZO TORTORA - LO SPECIALE. PARTE 1 - GUARDA QUI 

ENZO TORTORA - LO SPECIALE. PARTE 2 - GUARDA QUI