Rinchiusi in un carcere indiano da oltre due mesi con l'accusa di omicidio. Potrebbero anche essere colpevoli gli italiani protagonisti di questa storia, ma a differenza della procedura penale italiana in India la Procura può formulare l'accusa entro tre mesi dalla morte e, probabilmente, è in attesa che vengano depositati gli atti conclusivi della perizia medico legale sul cadavere della vittima. Elisabetta Boncompagni, 36enne torinese, e Tomaso Bruno, 27enne di Albenga, sono finiti in manette perchè accusati di omicidio nei confronti di un loro compagno di viaggio, Francesco Montis. Le circostanze della morte sono però sono ancora tutte da chiarire. Da un primo esame medico legale si parla di asfissia da strangolamento, ma saranno necessari altri esami di laboratorio per capire esattamente le cause della morte avvenuta in una camera al quarto piano di un albergo di Varanasi. Sul cadavere sarebbero state trovate ecchimosi provocate da un oggetto contundente. La notizia è stata resa nota solo nelle scorse ore, dopo la conferma del presidente della municipalizzata Ecoalbenga, Euro Bruno, padre del 27enne arrestato. "Una cosa è certa -ha fatto sapere Euro Bruno -mio figlio non ha ucciso nessuno. La verità è che da giorni Francesco Montis, la vittima, non stava bene ed è probabile che la morte sia dovuta a problemi di salute".
Cronaca
Cameriere ingauno chiuso in un carcere indiano
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