cultura

Delude il film d'apertura di Leos Carax
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Ci siamo ritrovati: colleghi, cinefili ma soprattutto amici. Legatissimi anche se ci si vede solo un paio di volte l’anno, a Venezia e a Cannes, anzi a Cannes l’anno scorso nemmeno perché il Festival è saltato a causa della pandemia. Qui gli accreditati sono migliaia ma si finisce per frequentare sempre gli stessi, piccoli gruppetti che si formano legati da misteriose affinità elettive, non solo cinematografiche, talune anche maniacali. Perché molti di noi, anche se non tutti lo ammetterebbero, in una sala che può contenere duemila persone hanno il loro posto preferito, sempre nella stessa zona, così ti ritrovi accanto più o meno gli stessi con i quali alla fine è impossibile non legarsi.

Ho ritrovato Malcolm di Boise (Idaho), Jacques di Lione, Hachiro di Tokyo (per tutti noi Hachi), Caolbhadh di Dublino, mamma che nome ma per semplificare lo chiamiamo tutti Caolila come il whisky, Giancarlo di Genova che a Genova non vedo mai e altri ancora. Si guarda il film, si va a bere insieme, magari le rare volte che c’è tempo ci scappa anche una pizza ma soprattutto ci si confronta sulle proprie passioni e i film visti.

Ieri il confronto su ‘Annette’ che ha inaugurato il Festival ci ha trovato d’accordo nel giudicarlo debole al di là della bravura di Leos Carax, regista di culto qui in Francia, solo sei film in trentasette anni tra cui il celebratissimo ‘Gli amanti del Pont-Neuf’. Un musical postmoderno (ma agli antipodi del ‘La la land’ di Chazelle) che racconta la storia d’amore tra due artisti (Adam Driver e Marion Cotillard): lui fai il comico, lei la soprano. La nascita di una figlia, l’Annette del titolo che si dimostrerà fin dal fisico una sorta di corpo estraneo all’interno del loro amore, e il declino professionale di lui li condurrà ad una deriva inaspettata e drammatica.

Il classico ‘film da festival’, solo un misero applauso di circostanza alla proiezione per la stampa, che esalta la consueta bulimia artistica di Carax che mischia tanti generi immergendoli in una musica continua – dramma, commedia, fantastico, perfino soprannaturale – arrivando alla fine ad un film estenuante (2h’20’) dove la discesa agli inferi di un uomo si perde tra uno sfrenato narcisismo e allegorie talvolta criptiche.