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di Franco Manzitti

Non può sfuggire il cambio di marcia rispetto alla città che padre Marco Tasca, arcivescovo di Genova dal 2020, dopo essere stato “ministro generale” dei frati minori conventuali, ha impresso alla sua azione davanti ai grandi problemi più “terreni” di Genova.

Dopo cinque anni nei quali il successore di Bagnasco, Bertone, Tettamanzi, Canestri e Siri, unico a non essere stato consacrato cardinale per la politica gerarchica scelta da papa Francesco, è come uscito dall’ambito della sua Diocesi e ha incominciato a affrontare frontalmente le congiunture genovesi, dal drammatico caso dell’ex Italsider alla ricostruzione del “suo” Ospedale Galliera. E non solo.

Francescano, profondamente devoto alle regole del suo Ordine fondato da Francesco d’Assisi, questo frate con grande esperienza missionaria e multinazionale, ha dedicato i suoi primi anni genovesi alla propria Diocesi, alla struttura delle parrocchie, alle grandi emergenze che tutta la Chiesa sta affrontando, sopratutto nel mondo nord occidentale, in piena secolarizzazione.

Tasca, consacrato vescovo in un luglio caldissimo di cinque anni e mezzo fa e ancora in pieno lock down, ha praticamente capovolto la chiesa genovese, nominando cinque vicari episcopali e distribuendo tra loro le competenze e poi affrontando la crisi delle vocazioni e l’ invecchiamento dei suoi preti con l’accorpamento delle parrocchie e con un ruolo molto più forte per i laici.

Questo lavoro complesso, svolto mentre incominciava il Sinodo lanciato da papa Francesco, padre Tasca lo ha ben descritto nel libro “Un frate vescovo”, che ho avuto l’onore di scrivere con lui e che è stato appena pubblicato.

Nel libro le domande sul ruolo più civile da svolgere in città, nella scia di una grande tradizione genovese, a partire da Giuseppe Siri, il “cardinale- principe”, avevano avuto risposte un po’ sfumate perché il nostro arcivescovo era impegnato a sistemare le cose in casa sua.

Ma oggi che il mondo è scosso da grandi emergenze e anche la nostra città è attraversata da crisi profonde, ecco che Tasca è uscito allo scoperto, con molta forza, indossando sopra la sua tonaca da frate, rigorosamente scelta piuttosto che le insegne vescovili, un abito più “politico”, più coinvolto nella società civile, alla quale probabilmente ha preso le misure.

Lo “ scatto “ c’è stato nella sera di fine settembre, quando anche a Genova, ma sopratutto a Genova, è partita la grande marcia per la partenza della Flottilla.

In quel caso l’arcivescovo non solo ha partecipato, ma ha anche preso la parola, seppur brevemente, davanti a Palazzo Ducale, insieme alla sindaca Silvia Salis, di fronte alla folla enorme che manifestava contro gli orrori di Gaza.

Non si era mai visto il capo della Chiesa genovese esporsi in piazza, tra l’altro a due passi dalla sua cattedrale e dalla sede della Curia, dove lui ha sempre tenuto un atteggiamento molto moderato e schivo, non abitandovi e riducendo anche gli spazi di ricevimento rispetto ai suoi predecessori.

Poi ci sono stati gli incontri con la sindaca Salis, che tra l’altro si professa cattolica praticante, sui temi della città.

E infine ecco la presa di posizione forte sull’emergenza acciaio, nei giorni degli scioperi e delle dimostrazioni degli operai, quando sembrava che non solo la fabbrica, ma anche la città vivessero momenti altamente drammatici.

In seguito, con una durissima intervista all’edizione ligure di “Repubblica” , Tasca ha espresso tutta la sua preoccupazione e anche i dubbi e le riserve sulle decisioni del governo rispetto al futuro di una evanescente politica industriale. Ha anche denunciato proprio la mancanza di una “visione”, esprimendo tutta la sua preoccupazione, estesa al tenore di vita sempre più “povero” e sotto occupato.

Ha rivendicato il ruolo dei Cappellani del Lavoro, che sono in fabbrica “sempre” e pure spezzato una lancia a favore della ricostruzione dell’Ospedale Galliera, di cui è presidente per volontà testamentaria della Duchessa Maria De Ferrari Brignole Sale, la grande benefattrice. Non un tema indolore in città, dove quell’ ospedale aspetta da tempo un assetto nuovo, anche nel quadro della complessiva riforma della sanità.

Nel libro appena pubblicato questi temi, anche quello del Galliera, erano solo sfiorati e risolti con una espressione di fiducia nei confronti degli amministratori, tra l’altro scelti dall’arcivescovo stesso nella “crema” genovese, come è sempre stato.

Ecco allora che Tasca, veneto dalle umili origini contadine, con una carriera tra i francescani minori conventuali di grande rilievo e allo stesso tempo di grande modestia, è sceso in campo decisamente.

E pensare che, come ha raccontato nel libro, quando gli venne chiesto di venire a Genova per succedere a Angelo Bagnasco, le cui dimissioni erano state accettate per ragioni di età dal papa, la sua prima risposta era dubbiosa. Poi era stato il papa in persona a chiamarlo a Roma, telefonandogli direttamente sul cellulare per discutere con lui di questo incarico, che sta diventando qualcosa in più rispetto a quello che il “frate vescovo” forse aveva immaginato.

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