Nell'Alto Tirreno occidentale è stata dimostrata la presenza di metalli pesanti all'interno dalle microplastiche, un ulteriore veicolo di contaminazione della catena alimentare. E' l'allarme lanciato da uno studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta (maggio 2021, Environmental Science and Pollution Research) e curato dalla biologa Stefania Squadrone. La ricerca, presentata a Slow fish, analizza, tra le prime a livello mondiale, la presenza di metalli pesanti assorbiti dalle microplastiche. I prelievi effettuati in due aree marine tra Toscana e Liguria rilevano come le microplastiche vadano a braccetto con i famigerati metalli pesanti. E così alluminio, ferro, nichel, zinco, cadmio, mercurio, piombo e arsenico (i più diffusi), si uniscono a poliestere, polietilene e altri derivati plastici, costituendo "un ulteriore veicolo di contaminazione da metalli pesanti per la catena trofica".
"Gli effetti delle microplastiche sugli organismi viventi, tra cui l'uomo, sono tuttora oggetto di studi approfonditi. - spiega la responsabile della struttura sul Controllo Chimico dell'Istituto Zooprofilattico Maria Cesarina Abete - ma alle plastiche, come detto, si aggiungono i rischi dovuti all'assunzione di metalli pesanti, di cui le microplastiche sono dei veri e propri hotspot. È il caso dello zooplancton, come piccoli crostacei, salpe e meduse che a loro volta vengono mangiati da esemplari sempre più grandi in un processo di biomagnificazione, che arriva fino a noi. Senza voler fare allarmismo, dobbiamo far capire che ci vuole un freno deciso al consumo di prodotti in plastica".
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