Il ponte Morandi "andava interdetto subito al traffico": lo scrivono i pubblici ministeri titolari dell'inchiesta sul crollo del viadotto autostradale chiusa ieri dalla Procura di Genova. I pm si basano su una comunicazione informale del professor Antonio Brencich, docente universitario membro esterno del Comitato tecnico che, a febbraio 2018, aveva vagliato il progetto di rinforzo delle pile 9 (quella crollata) e 10. Brencich, scrivono i pm, descrive ai membri del Comitato l'ammaloramento del viadotto come "uno stato di degrado... impressionante, addirittura con la rottura di alcuni cavi metallici degli stralli" e ancora, uno "stato generale di degrado del calcestruzzo e delle armature dell'impalcato", "un pessimo stato di conservazione" e "una incredibile pessima prestazione del manufatto".
Questa notizia, ragionano i magistrati, avrebbe dovuto essere comunicata immediatamente agli organi pubblici di sorveglianza "affinché quella situazione di evidente rischio fosse resa pubblica e il transito veicolare fosse immediatamente interdetto".
Anche i dirigenti del ministero delle Infrastrutture, dal canto loro, avrebbero omesso qualsiasi tipo di sorveglianza. "Non procedevano - scrivono i pm - ad ispezioni e controlli diretti ma neppure richiedevano alla società concessionaria informazioni e documentazioni concernenti i lavori eseguiti e le condizioni dell'opera". In conseguenza "di questa totale ignoranza - si legge nelle carte - volontariamente perseguita, delle condizioni dell'infrastruttura più importante, complessa e fragile dell'intera rete autostradale, omettevano di adoperarsi affinché fossero rilevate e contestate alla società le sistematiche violazioni delle norme".
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