cronaca

A seguito del Dpcm che impone una sorta di mini lockdown al Paese
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"Paghiamo lo scotto di aiuti che nella prima fase di questa pandemia sono arrivati lentamente, talvolta male e con molte tribolazioni da parte delle aziende". Così il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti commenta i disordini di Napoli e Roma a seguito del Dpcm che e impone la chiusura a bar e ristoranti dalle 18. Un sorta di 'mini lockdown' per cercare di limitare il propagarsi dei contagi da Covid-19. E rilancia sulla necessità di proteggere le fasce più deboli, soprattutto gli anziani.

"Tutto ha marciato molto lento:
oggi si promettono aiuti immediati sull'Iban, ma è evidente che, finché non arriveranno, vi è una sfiducia complessiva sul sistema e sulla sua capacità di reazione. Stiamo un po' semplicisticamente andando a colpire sempre le stesse persone, i ristoranti, i bar, le palestre, i teatri, i parchi divertimento. Tutta quella parte che riteniamo superflua per la nostra vita, ma non è superflua per la produce e ce la offre. Toti può anche fare a meno di mangiare una pizza e forse mi fa pure bene alla salute, visto che ho qualche chilo di più. Ma per chi mi avrebbe venduto quella pizza, non è un gesto affatto superfluo: è la sua vita", prosegue Toti.

"Sappiamo che dobbiamo abbattere il contagio, ma abbiamo anche un Paese economicamente stremato dopo l'ultimo lockdown, con un Pil che cala di oltre dieci punti. Se per i bar la chiusura alle 18 è un danno importante, ma lascia comunque una parte di giornata per poter lavorare, per i ristoranti, rinunciare alla cena vuol dire probabilmente un calo del 70% del fatturato. C'è bisogno di aiuti e aiuti subito", sottolinea il governatore ligure.

Per Toti la direzione da prensere era un'altra. "La gerarchia delle istituzioni e la loro collaborazione è fondamentale per la tenuta del sistema, ma insisto nel chiedere al governo un passo in più: dobbiamo cambiare le regole, pensare di fare qualcosa di diverso. Se bisogna andare avanti a lungo con questa pandemia c'è bisogno di strumenti più sofisticati: protezione delle persone più esposte, segmentando in modo diverso gli interventi". Per Toti, dunque, "abbiamo bisogno di soluzioni che ci consentano di convivere con il virus sul medio e lungo periodo. Dobbiamo convincere gli anziani a uscire di meno, a frequentare luoghi meno affollati, a rinunciare a qualche visita dei parenti e ad andare ai supermercati in orari protetti, perché sono coloro che mettono più in difficoltà loro stessi e la nostra sanità".

Il governatore ligure rilancia col modello Genova di collaborazione istituzionale. Anche nella sanità
. "Siamo preoccupati, nessuno nelle Regioni ha mai pensato che non fossero necessari nuovi provvedimenti per il contenimento del contagio, men che meno io. Si deve applicare il 'modello Genova' di collaborazione istituzionale anche all'emergenza covid. Per quanto mi riguarda, ho sempre collaborato lealmente con il governo, anche quando non ero d'accordo con alcune misure, ma penso che tutti i governatori possano dire la stessa cosa. Il vero problema, che pensavamo che il governo risolvesse con questo decreto, è come tracciare tutti i contatti di un positivo di fronte a migliaia di contagi al giorno con circa 20mila casi al giorno, anche considerando tutti persone schive e con soli dieci contatti a testa, com'e' possibile tracciare 200mila persone al giorno? Non è più possibile per questione di numeri, non di organizzazione".

Inoltre, conclude Toti, "i pronto soccorso sono il collo di bottiglia perché l'unico punto di ingresso in assenza di una medicina territoriale che ancora stenta a prendere il controllo. Ma se mancano i posti letto, il tappo è sulla formazione e il reclutamento del personale: se faccio un bando per assumere gli infermieri, li strappo alle Rsa perché ne abbiamo pochi da assumere. I concorsi pubblici hanno tempi lunghi: dobbiamo togliere il gesso al sistema della sanità e consentire che, in questo momento, si facciano pratiche semplificate".