salute e medicina

Le conseguenze del lockdown su chi non conosce neanche il nome della sua malattia
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“Siamo già invisibili e con il lockdown lo siamo diventati ancora di più, ci sentiamo abbandonati nessuno parla di noi e ora non ce la facciamo più dobbiamo tornare in ospedale e farlo in fretta”. E’ questo l’appello alle istituzioni di Deborah Capanna fondatrice e presidente del comitato nazionale ‘I malati invisibili’ nato a Genova nel 2014.


Si tratta di persone che soffrono di una malattia rara a cui la comunità scientifica non è ancora riuscita a dare un nome e proprio per cercare una diagnosi e una cura sono costretti a visite, esami, ricoveri spesso fuori Regione. Il Covid-19 ha reso la loro quotidianità ancora più difficile e angosciante.


“Molti hanno dovuto rinunciare a visite, esami e trattamenti in centri specializzati in altre Regioni a causa delle restrizioni del lockdown ma anche perché molte sono state annullate – spiega Capanna – questa attesa però ci sta facendo peggiorare e non possiamo aspettare ancora dobbiamo tornare in ospedale”.


“A inizio emergenza ho scritto una lettera al Governo che voi di Primocanale avete pubblicato – racconta – dicendo attenzione perché ci sono milioni di persone con malattie rare con anche figli disabili che si troveranno veramente in grossissime difficoltà ma non ho ancora ricevuto una risposta”.


I malati rari e orfani di diagnosi sono 300 milioni, oltre seimila le malattie rare conosciute.


“Le nostre patologie non vanno in quarantena – sottolinea Capanna – e non possiamo restare ‘sospesi’: le difficoltà sono veramente tante quelle diciamo più evidenti sono quelle legate alle terapie che sono state interrotte, terapie per malattie rare veramente invalidanti e anche mortali e ancora adesso noi aspettiamo chiamate dall'ospedale per eseguire queste terapie; un'altra cosa è legata al piano terapeutico noi dobbiamo fare queste visite in ospedale per il follow-up della malattia per farci redigere questi nuovi piani terapeutici che erano stati prolungati durante la fase di emergenza ma per ora dalle regioni non è arrivata alcuna risposta”.


Parla in modo chiaro Deborah Capanna ma la sua voce lascia trasparire emozione, ma anche delusione e soprattutto senso di abbandono.


“Noi non abbiamo mai sentito da parte del Governo, delle regioni una parola di vicinanza di conforto per i malati rari e senza diagnosi – sottolinea - abbiamo bisogno di risposte, abbiamo bisogno che le regioni prendano in carico di nuovo questi malati perché non ne possiamo veramente più, noi stiamo peggiorando non abbiamo bisogno del medico di medicina generale ma di specialisti e di follow up mirati: dobbiamo entrare in ospedale e farlo in fretta”.


Da qui l’appello direttore alla Regione: “Assessore Viale e presidente Toti per favore organizzate gli ambulatori malattie rare e malattie orfane di diagnosi perché gli specialisti sanno come gestire i nostri malati e noi abbiamo bisogno di fare i controlli e le terapie, non possiamo più aspettare siamo invisibili non ci fate diventare ancora più invisibili”.


“Viviamo molto spesso situazioni come il Covid-19 – conclude Capanna – per fortuna per il coronavirus si è mobilitata tutta la comunità scientifica, sono stati raccolti fondi per gli ospedali ma purtroppo non è così per noi che viviamo in quarantena da sempre”.