Ha ragione Beppe Grillo: quello che ha urlato sabato alla convention del Movimento 5Stelle è assolutamente vero. Che in dieci anni, questa è la giovane età dei grillini, il Movimento è cambiato. E ci mancherebbe che non fosse così! Pensate per pochi minuti a come è cambiata l’Italia in dieci anni, provate a pensare anche come sono cambiate Genova e la Liguria. Nel bene o nel male, a seconda dei punti di vista.
Giusto che il M5S sia cambiato e cambi ancora rappresentando un vasto elettorato molto misto, non di classe o di lobbies (Pci, Pli, Pri ecc.). Ma un popolo plurale, di giovani e anziani, proletari e professionisti, incavolati doc e calmi. Senza far infuriare nessuno che non è la mia intenzione, un popolo plurale come era quello della Dc, fatto di borghesi e operai, impiegate e professoresse, nonni e nipoti, nord e sud isole comprese, uniti da un senso cristiano della vita e della società. Ma con una sostanziale differenza. Quando il Movimento Cinquestelle è nato ha avuto il grandissimo merito di convogliare entro binari democratici alcune rabbie forti e alcune esasperazioni anche in buona parte giustificate che avrebbero potuto trovare sbocchi pericolosi. Compito che non ebbe la Democrazia Cristiana.
E’ stato un cambiamento che ha pesato sulle opinioni di molti iscritti. Soprattutto dover giocoforza accettare un accordo con il Pd che è cambiato molto meno (a parte la leadership garbata di Zingaretti) che non è riuscito a cogliere del tutto le trasformazioni e a diventare interprete anche del malessere e dei disagi della gente. A livello nazionale anche cambiando poche facce e a livello locale pure. Penso per esempio al non aver avuto il coraggio di affrontare di petto gli argomenti della sicurezza lasciata in “proprietà” alla destra, dell’emigrazione, ma anche quelli più culturali dello jus soli (o culturae) e del fine vita. Penso al non aver spinto in sede locale (a parte qualche raro nome come Pandolfo, Ioculano e pochi altri), il drappello dei giovani amministratori, spesso sacrificati e fatti scomparire dal panorama). Il rinnovamento dei personaggi non è un mio chiodo fisso di ultrasettantenne rimbecillito. Probabilmente non sarei in grado di cogliere i problemi reali di un trentenne o quarantenne e financo cinquantenne. Per non parlare di un ultragiovane.
Rinnovare le persone che guidano un partito non vuol dire rottamare i padri (lasciamo i nonni della politica a fare bene i nonni anche della politica). Ma i padri dovrebbero capire che, di fronte a un mondo (e nel caso nostro) una città e un territorio che cambiano, devono cambiare anche coloro che sono chiamati a governarlo e a tracciarne le strategie future.
Ora in Liguria limitandoci a tenere in conto i numeri , il Pd potrebbe tentare di portare via il governo al centrodestra consolidato del duo Toti-Bucci, sempre se fosse in grado di proporre anche nella nostra regione un’ alleanza giallorosé con Grillo e i suoi, così modificati.
Tutto dipenderà dal coraggio e dalla capacità degli ipotetici “accordati” o “contraenti”di scegliere un candidato unitario presentabile. Non c’è bisogno di esagerare nel nuovo e nello strano! Basta un nome serio. Ecco, l’aggettivo “serio” è quello più giusto per la Liguria in questo momento e che piace per caratteristiche somatiche ai genovesi. Serio vuol dire che ha un passato spendibile e sa disegnare insieme agli altri un futuro realistico, non fatto di sogni sparati alla carlona. Non è una impresa impossibile, ma è molto difficile.
politica
Regionali, Cinquestelle cambiati con un Pd che deve modernizzarsi
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