cronaca

Il sindaco: "Non sappiamo se potranno andare a votare"
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La riapertura totale della statale 28 è la prima buona notizia per la Valle Arroscia martoriata dal maltempo. Ma la rassegna delle criticità è ancora impietosa. Il sopralluogo dei tecnici della Protezione civile è il passaggio che anticipa il riconoscimento dello stato d'emergenza, che il Governo concederà a ore come promesso nel vertice con Toti a Savona. "Finalmente partiranno i lavori veri", si sfoga Alessandro Alessandri, sindaco di Pieve di Teco. E muove lo sguardo verso i monti, dove il dramma è tutt'altro che finito.

Il paragone col terremoto non è esagerato. Monesi, nel comune di Mendatica, è diventato un paese fantasma. Tra giovedì e venerdì un ammasso di terra è sceso dal monte Saccarello e ha scavato l’intero versante. Di fatto l’intera frazione sta scivolando a valle. Le case sono piene di crepe, le strade spaccate mostrano le voragini, la gente se ne va guardandosi indietro con gli occhi colmi di pianto: “Qua lasciamo tutti i nostri ricordi. È un pezzo del nostro cuore”. Un anziano signore non trattiene i singhiozzi: “In casa mia ci sono più crepe che porte”. Alcuni ci abitavano tutto l’anno, altri tornavano solo per le vacanze dopo un’infanzia passata su questi monti. Ora c’è solo tristezza e disperazione.

“E pensare che voleva essere la cartolina del rilancio per questo territorio che puntava su prodotti tipici, agricoltura, sulla natura, sul turismo outdoor”, dice il sindaco di Pieve. Progetti che giacciono tutti sotto il fango, altro che neve sulle piste da sci. Il piccolo abitato di Mendatica, fianco a fianco con la quasi omonima Monesi di Triora, non si è più mosso da sabato scorso. “Qui intanto c’è una paleofrana registrata in tutti i documenti – spiegano Roberto Macciò e Lionello Belmonte, due geologi arrivati sul posto – ma nel frattempo a Mendatica un pluviometro ha registrato 800 mm e il terreno si è saturato. Ci sono stati due fattori concomitanti. Ora il versante è stabile, non c’è più acqua”.

Ma i disagi non finiscono qui. Rivela Alessandri: "Ci sono ancora 300 persone isolate a Lavina e Cenova. Pensate, non si sa nemmeno se domenica potranno andare a votare". Sono le due frazioni del comune di Rezzo che hanno pagato il prezzo più alto. La concreta realtà di questa valle stride con gli slogan della campagna elettorale. "In Piemonte - continua Alessandri - sappiamo che sono già partiti coi primi interventi, qui non ancora. Loro sono chiusi in quell'enclave, impossibilitati a muoversi". L'appello di Alessandri è chiaro: "Ci sono stati comuni più importanti ai quali sono stati pagati enormi debiti senza alcuno stato d'emergenza. Noi vogliamo solo pari dignità per la nostra gente". Col rischio, poi, di essere dimenticati non appena si spegneranno le luci della ribalta.