salute e medicina

Attese indicazioni dal Governo sul piano di rientro nei prossimi tre anni
3 minuti e 3 secondi di lettura
Tempo di bilanci per Mauro Barabino, direttore generale del San Martino, giunto alla fine dei suoi sette anni di mandato. “Se ad agosto mi mandano via ci sta tutto, uno della mia generazione può anche lasciare. Non mi sento rottamato”, scherza. Una struttura, la sua, che ha retto alla crisi e che si prepara a diventare un gigante regionale, nonostante le incertezze finanziarie che dipendono da Roma. Ma qualche rammarico c'è.

Barabino ha vissuto in prima persona la fondazione dell'IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), la nuova struttura che assorbe tutto in un solo ente: l'ospedale, la parte universitaria e l'Ist.

Una fusione che, secondo il direttore generale, non è stata gestita al meglio. “Il progetto è stato fatto in otto mesi, se ci si fosse pensato un po' più a lungo, forse ci sarebbe stato spazio per aprire percorsi diversi”.

E poi il problema di un'identità da ricostruire: “In passato eravamo riusciti a fondere meglio l'ospedale con l'università, ora ci siamo un po' allontanati, siamo una specie di policlinico. Ma ci stiamo lavorando”.

Tutto sommato, il processo di fusione ha avuto anche effetti positivi: “Ha accelerato le specializzazioni interne, ha portato vantaggi sia alla ricerca sia alla parte assistenziale senza aumentare i costi”.

UN HUB OSPEDALIERO PER LA LIGURIA - I numeri del 2015 confermano che il San Martino è in buona salute; 1.345 posti letto totali, 41.703 ricoveri, tasso di occupazione all'86,2% (136,5% per il day hospital), 40.771 interventi chirurgici. Con queste cifre, l'IRCCS San Martino ambisce al ruolo di hub di riferimento in una regione piccola come la Liguria. “Abbiamo spazi enormi da sfruttare, arriverà la metropolitana a Terralba, c'è un parcheggio in costruzione. L'idea di assorbire tutto in un unico ospedale è antica, ci avevano già pensato nel 1422 col Pammatone”.

COME CAMBIERÀ IL SAN MARTINO - Il piano di integrazione (Barabino lo chiama “rammendo”) si articola in sei dipartimenti polispecialistici dove verranno integrate le attività di ricerca, didattica e assistenza. Dovrebbero vedere la luce un campus universitario, un'area di emergenza (il Pronto Soccorso), una di degenza chirurgica al Monoblocco, un'area oncologica-ematologica dove aveva sede l'Ist, un polo dedicato alla ricerca e infine la riabilitazione al Maragliano.

ASCENSORI E TUNNEL - Il tutto dovrebbe semplificare la vita ai pazienti, eliminando molti percorsi tortuosi tra reparti. Cinque progetti distinti per cinque gare che verranno aggiudicate entro la fine del 2015. L'intervento più sostanzioso (21 milioni di euro) sarà il nuovo blocco operatorio centralizzato. Le opere, per un totale di 38 milioni di euro, termineranno nei prossimi due anni e comprendono nuovi laboratori, dieci sale operatorie e una rivoluzione nei collegamenti con tunnel e ascensori al posto degli spostamenti su ruote. “I finanziamenti per l'edilizia sono arrivati nel 2014 – ricorda Barabino – e vanno spesi entro il 2018. Anche qui, se fossero arrivati prima avremmo potuto ragionarci meglio”.

IL PIANO DI RIENTRO - Ma gran parte del futuro dipende da quanto sarà previsto in legge di stabilità. Spiega Barabino: “I prossimi anni saranno condizionati dalle indicazioni che riceveremo dal Governo. Dovrà essere predisposto un piano di rientro triennale per bilanciare costi e ricavi. Vedremo anche come sarà classificato l'istituto, ma mi risulta che altri ospedali delle nostre dimensioni siano messi peggio”.

ECCELLENZA CONTRO I TUMORI - San Martino significa anche eccellenza oncologica. Ma quanto pesa il vecchio Ist nella nuova realtà comprensiva? “Era una parte piccola rispetto al San Martino di un tempo, ma ha comunque un ruolo rilevante. Certo che si potevano anche fare scelte diverse, con meno fretta”.