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“All inclusive”. Lo si potrebbe definire così il Matteo Salvini che infiamma l’elettorato ligure di centrodestra, stipando all’inverosimile il Teatro della Gioventù a Genova. Alla maniera dei banditori di una volta, il leader della Lega urla il suo “siori venghino” perché lui non vuol partecipare, alle prossime elezioni regionali, vuole vincere.

E allora apre le porte a tutti. Lo dice e lo ripete. Intanto, però, riparte dalla gente del centrodestra. E non è un limite. Può essere, anzi, il vero valore aggiunto dare una prospettiva ad un elettorato sfiancato, deluso, tendente all’astensione. Riaccendere una speranza, spingere quelle persone fuori da casa o semplicemente distoglierle da altri impegni per andare a toccare con mano l’aria che tira là dove batte il cuore, bé è un primo, significativo risultato che Salvini porta a casa.
 
Con lui lo porta Edoardo Rixi, il candidato designato alla presidenza della Regione Liguria, che dal capo del Carroccio – di cui è il vice – ottiene anche un intervento più moderato rispetto alle intemerate, di piazza e televisive, cui Salvini ci ha abituati. Parla dei problemi della Liguria, il numero uno leghista, mostrando di essere bene informato al di là delle lezioncine che si possono imparare per l’occasione. L’altro Matteo, del resto, i lidi genovesi e delle due Riviere li batte da tempo, più di qualcosa lo ha constatato con i suoi occhi.

Così quando parla di sanità, trasporti, aeroporto, porto, turismo la sensazione che trasmette è in sintonia perfetta con lo slogan del momento: “Non lasciamo la Liguria all’amica di Burlando”. E’ quasi un gioco di rimando all’evento di una settimana prima, quando Raffaella Paita e il Pd hanno radunato al Galata circa 500 persone su tavoli tematici che in molti casi hanno affrontato gli stessi argomenti. Le differenze ci sono e si vedono.

Due su tutte. La prima: Paita e i democratici parlano del futuro, ma prima dovrebbero rendere conto di quanto fatto – meglio, non fatto – sulle criticità liguri. La seconda: il popolo di quella manifestazione era fatto in gran parte non di “pidini”, bensì di persone provenienti da varie aree politiche, da appartenenze storicamente anche lontane. Un limite, in questo caso.

Perché il problema di Paita e del Pd è ottenere la fiducia dell’elettorato genovese di centrosinistra, che appare più pronto a  ingrossare le fila dell’astensionismo, anziché mettersi in coda ai seggi per vergare la preferenze che gli detterebbe il cuore. Sul quale, invece, sembra prevalere la ragione di non volersi arrendere al “paitismo”, la continuazione del “burlandismo”.

Salvini, così, si trova a spingere il candidato Rixi nella migliore delle condizioni possibili, ma anche giocando in un quadro che ha la cornice del paradosso: il centrodestra che “rischia” di vincere le regionali nella sua fase storicamente più difficile. Il che ci dice una cosa: comunque lo si rigiri, il confronto non sarà fra due forze, bensì fra due debolezze.  Il pieno del leader leghista, inoltre, rende plausibile e probabile un confronto quasi diretto, in terra di Liguria, fra i due Matteo della politica italiana: Salvini era venuto, è tornato e tornerà; Renzi dovrà giocoforza farsi vivo.

E se vorrà impedire che il suo partito prenda una inattesa quanto possibile “facciata” farà bene a presentarsi con una sporta piena di cose concrete: l’erogazione dei 350 milioni per le opere urgenti post-alluvioni; un piano dei porti credibile che abbia in Genova, lo scalo più importante d’Italia, uno dei perni; un progetto di politica industriale che faccia ammenda della recente vendita di Ansaldo Sts da parte di Finmeccanica, controllata dal Tesoro, e dia prospettive vere a ciò che resta delle aziende pubbliche in questa terra; un salvacondotto per l’Iit dalle frequenti scorribande delle baronie universitarie e di altri centri per la ricerca; una ripartizione dei fondi per la sanità che finalmente tenga conto di quanto la Liguria sia una regione con una massiccia presenza di anziani, spesso anche acquisiti da altre aree del Paese per la mitezza del clima; una spiegazione convincente – se non una retromarcia – per la vergogna del declassamento del Teatro Stabile a vantaggio, guarda un po’, di Firenze.

E’ il minimo sindacale richiesto a Renzi per convincere i genovesi e i liguri a non preferire la proposta dell’altro Matteo. Il quale, in questa partita, ha lo svantaggio di non avere in mano la leva di poter prendere le decisioni, ma ha il vantaggio che i liguri conoscono Paita, il suo mentore Burlando e il loro sistema di potere. E questo, alla fine, potrebbe pesare più di tutti i regali che il premier portasse con sé a Genova.

Come che sia, lo scontro elettorale si annuncia duro, con tutti i big che alla fine entreranno in campo. Il centrodestra ha oggi un uomo, Salvini, che porta voti e Rixi, il suo vice, ne trarrà certamente giovamento. Possedendo, peraltro, caratteristiche e qualità personali da poter spendere. Non v’è dubbio, tuttavia, che se il centrodestra vuol provare a vincere dovrà essere coeso e non potrà perdersi per la strada l’appoggio di Forza Italia.

Salvini fa capire che il più sembra fatto, con Silvio Berlusconi, quando spiega: “Dice che è pronto a collaborare se abbiamo un candidato e un programma credibili e noi abbiamo entrambi”. Oggi, però, Forza Italia, è un coacervo di personaggi, anche in Liguria, nel quale è difficile decifrare chi davvero gioirebbe per una vittoria al seguito della Lega e non preferirebbe, invece, una onorevole sconfitta, che avrebbe il pregio di salvare una presunta primazia del partito e soprattutto alcune posizioni personali.

I conti, però, si fanno sempre alla fine. E chi oggi in Forza Italia “gioca al meno” convinto che la sua vittoria sia far perdere Rixi, e con lui il centrodestra a trazione leghista, potrebbe avere poi amare sorprese dalle urne. Come la metterà se il Carroccio farà comunque il sorpasso?