cronaca

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La Corte suprema indiana ha ammesso il ricorso dei due marò contro l'utilizzo della polizia Nia antiterrorismo e ha sospeso il processo a loro carico presso il tribunale speciale.

La prossima udienza si terrà tra quattro settimane. Del caso aveva parlato ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel suo incontro con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama - come spiegato dallo stesso premier nella conferenza stampa -, cosa che fa sperare anche in un appoggio degli Usa sul caso.

Ma c'è di più. Secondo fonti legali il ricorso accolto dalla Corte "contesta in toto il diritto dell'India a condurre l'inchiesta e a giudicare i marò".

In sostanza la Corte suprema ha comunque fermato il processo ai due militari. Per l'Italia, che era già riuscita a sventare la possibilità di utilizzare il Sua Act (la legge anti-terrorismo che prevede anche la pena di morte), si tratta di una indubbia vittoria: il riconoscimento cioè da parte della magistratura indiana della tesi che la Nia può occuparsi solo di casi di terrorismo. L'Italia comunque punta a un'azione internazionale concertata e più ampia: ha detto chiaramente che non riconosce la giurisdizione indiana sul caso e che quindi rifiuterà il processo e non presenterà i due militari in tribunale.

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone avevano presentato alla Corte Suprema indiana una 'petition' (una istanza) in cui si opponevano all'utilizzazione della polizia antiterrorismo Nia per le indagini sul loro caso. La riunione della Corte era fissata per questa mattina, e ora la notizia della decisione di accoglimento dell'istanza. Secco il commento dell'inviato speciale del governo Staffan De Mistura: "La posizione italiana è fermissima, niente processo".