“Per quanto riguarda lo stipendio in regione, lo dico chiaramente e francamente, non mi interessa se qualcuno mi giudica male: non me ne può fregare di meno. Il mio movente non sono i soldi”: parola di Nicolò Scialfa. Era il 15 marzo 2010, in piena campagna elettorale per le elezioni regionali. Sono passati appena 4 anni, ma sembra un secolo se si confrontano quelle parole con gli atti dell’inchiesta sulle cosiddette “spese pazze” in Regione, che vedono Scialfa tra i principali protagonisti, tanto da finire agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato e falso in atto pubblico. All’epoca l’esponente Idv non era ancora entrato in Regione, e sul tema “soldi e politica” aveva le idee molto chiare: “Io considero immorale spendere molti soldi per la campagna elettorale anche se sono soldi propri”, spiegava agli ospiti di una tribuna elettorale organizzata dalla Fondazione Oltremare. Insieme a lui Gianfranco Gadolla, del Pdl, Edoardo Rixi, della Lega, Lorenzo Pellerano, Lista Biasotti, Lorenzo Basso, Pd. A moderare c’era Franco Manzitti.
Serata elettorale dal clima caldo ma conviviale, tanto che era partito l’applauso, e anche qualche risata, quando Scialfa, proprio sul tema dello stipendio regionale, aveva sbottato: “C’è un cretino o una cretina che mi ha mandato una lettera anonima dove c’è scritto ‘Str…o, vai in Regione per i soldi’. Mi spiace che sia anonima perché altrimenti gli darei anche due sberle. Ma quali soldi e soldi, non me ne frega un fico secco!”.
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