economia

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E' fissata stamattina l'audizione informale in Senato del presidente della Consob sulle recenti vicende del gruppo Telecom Italia. La convocazione risulta dal calendario dei lavori della Commissione Industria che, insieme a quella dei lavori Pubblici, sta effettuando le audizioni sul futuro di Telecom Italia.



“Abbiamo avuto conoscenza ieri dalla lettura dei comunicati stampa della recente modifica dell'accordo parasociale tra gli azionisti di Telco”'. Ha detto ieri il presidente di Telecom, Franco Bernabè, durante un’audizione presso le commissioni VIII e X del Senato, in seduta congiunta, offrendo così uno spaccato ancora più inquietante di com’è s’è consumata la perdita, da parte dell’Italia, dello storico operatore di tlc. Telecom, infatti, finirà in mano agli spagnoli di Telefonica attraverso due aumenti di capitale: il primo, già realizzato, li ha portati al 66% di Telco, la scatola che controlla Telecom, e con il secondo arriveranno al 70%, con l’opzione di rilevare dai soci italiani - Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca - anche il rimanente 30.


Al di là dei suoi connotati, l’operazione si porta dietro il grande rebus sul destino della rete telefonica, tema sul quale è stato Maurizio Rossi (Scelta civica) a insistere particolarmente: “Telco nomina 11 consiglieri su 14, quindi il passaggio del controllo è evidente al di là di ogni altra osservazione e in questo modo gli spagnoli potranno bloccare qualsiasi operazione, visto che per le decisioni strategiche occorrono i 2/3 dei voti. Quindi, secondo lei, Bernabè, il governo come può intervenire per avvicinare, in particolare sulla rete, gli interessi a breve termine delle aziende con quelli a lungo termine dello Stato, che puntano, o dovrebbero puntare, proprio sullo sviluppo della rete? Non dimentichiamo che essa è un patrimonio dei cittadini italiani”. La risposta di Bernabè non è stata rassicurante: “Telecom conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l'Autorità e la Cassa depositi' sullo scorporo della rete, ma l'esito finale dell'operazione non è scontato e, in ogni caso, richiede tempi molto lunghi''.


Qui è intervenuto lo stesso presidente della Commissione X del Senato, Massimo Mucchetti (Pd): “Ma lei chiederà comunque nel prossimo consiglio un aumento di capitale? E anche contro il parere del consiglio, il governo può imporre a una società privata lo scorporo della rete?” L’aumento di capitale, “aperto a soci attuali o nuovi – ha risposto Bernabè – darebbe solidità finanziaria, valorizzando le potenzialità di nuovi investimenti”. Rossi ha ulteriormente posto al presidente Telecom la questione di “un cambio di controllo del gruppo senza passare attraverso un’Opa” e Maurizio Gasparri (Pdl) ha incalzato: “Ma siamo sicuri che la situazione sia cosi definita? Visto che le due società sono entrambe molto indebitate, non sarà che poi entra in campo un soggetto terzo che acquista ambedue?”. Qui Bernabé ha giocato in difesa:  “A queste  domande che riguardano l'assetto azionario della società e non il management, o il comportamento della Consob e le regolazioni del mercato  delle comunicazioni non tocca a me rispondere. Io riferisco i progetti di Telecom (ha anche consegnato una relazione ndr) e fino a quando non vi saranno cambiamenti per me non cambia alcunché. Noi le modifiche dell'assetto azionario li abbiamo appresi da comunicati stampa”.



Alla luce di tutto ciò, però, il presidente della Commissione VIII del Senato, Altero Matteoli (Pdl) ha annunciato, d’intesa con il suo omologo Mucchetti, la volontà di portare in audizione la Consob, poi ha attaccato il capo del governo Enrico Letta, che in sostanza ha dato ieri stesso il proprio via libera all’operazione Telefonica-Telco
: “Il premier dovrà venire in aula a dare delle spiegazioni esaustive, non può cavarsela con quello che ha affermato, minimizzando il problema con l’osservazione che si tratta di una legittima trattativa fra soci privati. Spero che quanto ho letto siano state solo delle semplificazioni giornalistiche, ma Letta dovrà dircelo direttamente”.


Va sottolineata, infine, l’accusa mossa da Bernabè con l’intero sistema politico-economico italiano: “Per arrivare a scelte differenti - ha detto il presidente di Telecom - dovevamo tutti quanti pensarci prima. Non si può reagire con minacce come la nazionalizzazione della rete. Se il sistema Italia fosse stato davvero così preoccupato del futuro di Telecom come negli ultimi due giorni, forse sarebbe stato possibile un intervento più strutturale”.