#no2giugno : da Twitter a Facebook, dai blog ai forum, sempre più italiani si schierano perché si sospendano le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Sarebbe un segnale di vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto, dicono, e anche un modo per risparmiare risorse da destinare alla ricostruzione e agli aiuti. Tutto giusto, eppure c’è qualcosa, in questo appello, che non mi convince.
E’ prima di tutto una questione di metodo. Non mi piacciono gli appelli su internet, Facebook, Twitter. Non mi piacciono le battaglie combattute a colpi di link e hashtag. Troppo facile scandalizzarsi per le celebrazioni del 2 giugno dietro a una tastiera e poi, magari, gridare al furto e tuonare contro Monti per i 2 centesimi in più sulla benzina. Non mi piacciono, in generale, le facili indignazioni a costo zero di chi si mette in coda per esprimere il proprio sdegno per qualcosa a cui mai, da solo, avrebbe pensato.
Già, perché è anche una questione di merito. Perché rinunciare alla festa della Repubblica e non, magari, al campionato di calcio? (Dio ce ne scampi!) Quanto costano alla comunità i poliziotti che ogni sabato e ogni domenica blindano interi quartieri perché 22 miliardari pigliano a calci un pallone (e quando non lo centrano, a volte si scopre che lo hanno fatto apposta)? Ci scandalizziamo per 3 milioni della parata di Roma, ma intanto i partiti a luglio si intascheranno altri 100 milioni per i rimborsi elettorali: se permettete mi danno molto più fastidio questi.
E poi perché uno Stato deve scegliere tra l’aiutare i suoi cittadini o ricordare la propria storia e i propri valori? Vorrei vivere in un Paese che riuscisse a fare entrambe le cose. #si2giugno
Politica
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