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di Redazione Sportiva

A Filippo Magnini è stato consegnato l’Oscar di Stelle nello Sport alla carriera da Michele Corti e Michela Carfagna (Sport e Salute Liguria). Per lui anche la maglia celebrativa dei 25 anni del progetto che celebra lo sport e ne promuove i valori tra i giovani.
Filippo Magnini ha raccontato la sua scalata, compiuta a partire dalla sua Pesaro, verso l'eccellenza. Ha spiegato come è riuscito a diventare Re Magno, il più forte stileliberista nelle distanze brevi, con il supporto costante della famiglia e dei suoi allenatori. Ha raccontato cosa c'è alla base dei successi di un nuotatore: dall’impegno, alla mentalità, passando per il sacrificio e tantissimo impegno.
Magnini ha parlato anche del suo impegno nella lotta al Doping, condotto con l'Associazione I'M DOPING FREE, della battaglia condotta per dimostrare la propria innocenza dalle accuse di uso di sostanze dopanti. La più difficile gara della sua vita, vinta al TAS. Una lezione emozionante, ricca di spunto preziosi per gli studenti in sala e collegati in streaming.
"Lo Sport mi ha insegnato a stare al mondo, a rispettare le regole, a inseguire i sogni. Ha dato un senso alla mia esistenza", ha subito chiarito Magnini, intervistato da Michele Corti. "Bisogna scardinare il pensiero che un Campione sia tale perché ha avuto il talento. Il talento può essere un 20% e forse mi mantengo alto. Ti permette di fare le stesse cose che fanno gli altri con più facilità, non di fare di più. Io a bracciate ho fatto due volte e mezzo il giro del Mondo... Ho vinto perché ho lavorato più degli altri”.

Il segreto di Magnini

Lavoro, scelte ma anche un piccolo segreto che Filippo rivela ai ragazzi: “Trovatevi qualcuno che abbia la vostra stessa grinta, passione, determinazione. Per me è stato Rosolino. Lo Sport non è mai individuale. Ok, sei da solo in quei secondi di gara. Ma fai parte di un team. C'è un allenatore che ti aiuta a tirare fuori il meglio di te, e si arrabbia assieme a te (e con te!) quando non ce a fai. C'è una squadra. E c'è una famiglia. Michael Phelps, il più grande nuotatore di sempre, ha detto: io non ho saltato un allenamento per 4 anni. Tra il talento e avere testa io scelgo avere la testa. Io ero alto 1,87 contro i 2 metri di molti altri campioni. Il mio amico Ian Thorpe ha il 51 di piedi, io il 44. Qual è stato il mio talento? Avere testa. Magari piangere allenandomi e spezzandomi le ossa, ma andando avanti. Capire che nel percorso si può anche perdere. L'anno che ho vinto il Mondiale ho perso tutte le gare tranne quella che dovevo vincere. Dopo che due mesi prima mi avevano detto: "Sei infortunato, stagione finita". Io ho detto: "No, si va avanti. Sino ai Mondiali di luglio. Allenandomi più che potevo, compatibilmente col mio infortunio. Poi a settembre non alzavo più un braccio, ma tutto questo percorso mi ha dato una grinta pazzesca".
La vittoria e le sconfitte. Anche i più grandi vincenti dello sport hanno dovuto assaggiare l’amarezza della sconfitta. "Il più delle volte si perde, tutti i campioni hanno perso tantissimo. Io per arrivare a vincere i Mondiali del 2005 ho dovuto perdere a quelli del 2003... E’ stata una grande delusione che però è servita".