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Il fotokit su cui lavoravano gli inquirenti era molto simile ai connotati reali di chi scrive
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Ai tempi del glorioso "Corriere Mercantile" se ne passarono di rischi, ma quello di essere scambiato per Matteo Messina Denaro non era certo di quelli da mettere razionalmente in conto. Accadde invece per via della presenza allo stadio della Favorita, fra gli spettatori di Palermo-Sampdoria del 9 maggio 2010, del boss arrestato lunedì mattina in una clinica del capoluogo siciliano. Secondo un collaboratore di giustizia interrogato qualche mese dopo dai ROS, Messina Denaro era infatti tra gli spettatori della partita che ebbe valore di spareggio per l'accesso alla Champions, finita 1-1 con i rigori nella ripresa di Pazzini e Miccoli, decretati dall'arbitro Rosetti per falli prima di Sirigu su Mannini e poi di Zauri sullo stesso Miccoli. Messina Denaro - considerato il capo dei capi dopo gli arresti di Riina e Provenzano, latitante dal 1993 e inseguito da pesanti condanne in contumacia - era allo stadio, secondo il collaboratore di giustizia, non per vedere la partita ma per un vertice con alcuni alti esponenti di Cosa Nostra. Lo scenario non era certo quello ideale per un confronto riservato, ma questa era la tesi del confidente dei ROS.

Quel giorno, lo stadio della Favorita aveva infatti fatto registrare il record assoluto di presenze: 35.872 spettatori, tra cui circa duemila sampdoriani arrivati in Sicilia malgrado il blocco dei voli in tutta Europa per l'eruzione dell'impronunciabile vulcano islandese Eyjafjallajökull, che aveva riempito i cieli del Continente di polvere pericolosa per i turboreattori dei velivoli. E in mezzo a quella folla, anche l'imprendibile boss. Chissà con quale biglietto nominativo.

E veniamo al rischio, a metà strada fra "Il sosia" di Dostoevskij e "Fracchia la belva umana". La DIA recuperò tutti i video delle telecamere presenti allo stadio, per verificare se davvero uno spettatore avesse le fattezze di Messina Denaro, e l'identikit di riferimento, realizzato con le testimonianze di chi lo avesse visto all'epoca, era coincidente in maniera demoniaca alla fisionomia reale di chi scrive, che ovviamente quel giorno era allo stadio, regolarmente accreditato in tribuna stampa e quindi insuscettibile di scambio di persona, come inviato del "Mercantile", con identità certa e posto definito. Però non si sa mai: per qualche tempo ogni volta che suonava il telefono o vedevo una busta nella cassetta della posta pensavo a una cosa che, al confronto, Josef K. era un bambino piccolo. Oltretutto, quando si provano sensi di colpa anche per le colpe non commesse, è un bel guaio. Come che sia, sulla presenza effettiva allo stadio di Messina Denaro, tra l'altro non accreditato di passione calcistica, non ci furono riscontri diversi dalla parola del pentito. E forse questa curiosità non è tra le priorità degli inquirenti che, dopo trent'anni di latitanza, ne hanno di domande da fare a Messina Denaro.

Alla fine quel pareggio, col rimpianto rosanero di un gol sbagliato da Budan a porta vuota nei minuti conclusivi, valse alla Sampdoria di Del Neri la partecipazione alla Champions, traguardo raggiunto con una clamorosa accelerazione nel finale, 6 vittorie in 7 partite col solo pareggio appunto a Palermo. Era un biglietto per la felicità, com'è noto buttato via nel peggiore dei modi. Ma l'inviato del "Mercantile", sia pure abbastanza somigliante a quel mefistofelico identikit, non venne mai convocato dagli inquirenti per chiarire se fosse veramente se stesso oppure qualcun altro. Una domanda tra l'altro che si fa da sempre e alla quale da sempre non trova risposta.