"A chi dedico la vittoria? A mio padre. Se fosse qui oggi mi direbbe che è orgoglioso". Così la neo sindaca di Genova Silvia Salis risponde alle prime domande dei giornalisti al point elettorale di via Carducci. "Mi sento felice, soddisfatta e soprattutto orgogliosa della gara che abbiamo fatto, sia come stile, come responsabilità verso la cittadinanza. È stata una campagna al livello che mi aspettavo e ho promesso di non scendere mai a certi livelli, anche per questo sono orgogliosa, anche perché la politica deve imparare a parlare un linguaggio migliore e deve essere di esempio, un esempio positivo, non un esempio di attacchi personali. La vittoria la dedico a mio padre.

Si è parlato tanto di infrastrutture, che cosa farà?
"Nonostante ci siano stati continui attacchi, noi abbiamo tirato dritto, abbiamo superato tutte le prove della campagna elettorale e questo credo che abbia convinto e alla fine abbia polarizzato di più il voto. Io ho sempre parlato delle infrastrutture, ai progetti già in corso. La narrazione della destra è stata una narrazione grossolana di quelli del no, ma anche un modo di comunicarla un po' banale che alla fine è arrivato l'elettorato, che ha capito che era una semplificazione di una cosa che poi non esiste neanche più. Io ho detto tutta una serie di sì e chiaramente ho parlato anche di infrastrutture sociali, cosa che loro hanno completamente ignorato, perché in una città bisogna occuparsi sicuramente dell'alto, dei grandi progetti, dello sviluppo, ma poi non bisogna mai essere troppo distanti dalla quotidianità delle persone, perché è quella che poi conta quando loro vanno a votare, come trovano la città, se i loro anziani sono assistiti, se i bambini trovano un posto nell'asilo, se il marciapiede è pulito e se la strada è illuminata. È chiaro che bisogna pensare a entrambe le cose per sviluppare una città, ma non puoi dimenticartene una".
Piciocchi l'ha chiamata, cosa vi siete detti?
"Quella con Pietro Piciocchi è stata una telefonata molto breve, molto formale. Devo dire che è una campagna elettorale che non ho apprezzato per niente dal punto di vista personale, per cui sinceramente è stata una chiamata molto formale nella quale ci siamo detti che poi ci vedremo per il passaggio di consegne".
C'è un momento in cui ha capito che avrebbe vinto?
"Io ho sempre detto fin dal primo giorno, penso che ve lo possiate ricordare, che una coalizione così fatta puntavo a vincere il primo turno. Tutti mi hanno detto che era presto per dirlo, ma è un po' una questione aritmetica. E un po' ho la convinzione che il campo progressista, quando si concentra sulle infinite cose che le uniscono, che sono molte meno di quelle che lo dividono, potrebbe vincere potenzialmente ovunque. Io credo che Genova e questa campagna elettorale abbiano dimostrato come la destra si è legittimata praticamente solo dalla non-unione del campo progressista".
Ha sentito Elly Schlein per caso? E per la giunta quanto tempo si è data?
"Che era contenta, era felice, ma diciamo che con tutti i leader nazionali ha avuto un ottimo rapporto per tutta la campagna. Per la giunta non ho una tempistica, la faremo perché sia la miglior giunta possibile perché ci aspettano delle sfide molto importanti".
Questa vittoria che cosa insegna al campo progressista a livello nazionale?
"Viene sicuramente una riflessione che è quella del livello dello scontro politico. Il campo progressista unito non può avere paura di nessuna elezione né a livello locale né a livello nazionale, perché ha al suo interno una trasversalità di competenze e di punti di vista politici e anche appunto di soggetti politici che sono difficili da eguagliare e che sicuramente la destra in questo momento non riesce a eguagliare".
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IL COMMENTO
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