Le frasi choc pronunciate dalla consigliera comunale Francesca Ghio della lista Rossoverde, hanno fatto il giro dei social media e delle testate giornalistiche all'indomani del 25 novembre, la giornata contro l'eliminazione della violenza sulle donne. Inaspettatamente in aula rossa, l'ex attivista di Fridays for future, ha preso la parola su una mozione contro la violenza sulle donne e ha confessato di essere stata vittima di violenza quando in età adolescenziale "nel cuore della Genova bene", è stata violentata da un uomo di cui si fidava, "il vostro bravo ragazzo", lo definisce Ghio.
"Il vostro bravo ragazzo"
"Avevo appena iniziato la seconda media quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia. Ripetutamente. Per mesi e mesi, da un uomo di cui mi fidavo, da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro. Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture”.
Silenzio e solitudine
“Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso. Eppure non sono mai stata una bambina silenziosa...Ma la società intorno corre, dove corre non si capisce. Perché questa società non ha tempo e non ha spazio per curarsi delle persone. Avanza, costruisce dighe e strade, avanza verso il progresso e nuove promesse, dimenticandosi di proteggere e curare il bene prezioso della vita”.
La mancata denuncia
“Non ho mai denunciato quell’uomo - ha detto Ghio - Non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni. A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte, nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità. Nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui poter trovare rifugio e protezione. Quando ho provato a parlarne anni dopo mi sono sentita giudicata, iniziavo il discorso e notavo disgusto. ‘Ma no, sto scherzando...’ dicevo per chiudere velocemente il discorso”.
"Vittima due volte"
“A distanza di decenni nulla è cambiato. Gli uomini continuano a violentare nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità. Il 25 novembre è passato, ci vediamo l’anno prossimo con la conta dei numeri: chi sull’elenco dei nomi dei cadaveri, chi nel silenzio muore dentro. Vittima due volte: dello stupratore e della società che guarda dall’altra parte”.
IL COMMENTO
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