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Tutto cominciò una trentina di anni fa e adesso si arriva solo al logico capolinea
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 Bisognava pensarci nel 1997, quando la stessa Uefa, che oggi si erge a custode dei valori dello sport con la $ maiuscola, distrusse per sempre la formula della Coppa dei Campioni, che già si chiamava in un altro modo e che già era stata trasformata in una Superlega.

Già perché la prima Superlega era stata proprio la “Champions” del 1994/'95, che la Uefa aveva deciso di riservare ai vincitori dei soli 24 campionati principali. Se vincevi il campionato in Lussemburgo o in Albania, venivi sbattuto in Uefa e dovevi ancor dire grazie. Se non era una Superlega questa!

Niente però rispetto a quel che accadde tre anni dopo, con il famoso allargamento ai “non campioni”: allora c'era grande contentezza generale, perché aumentavano le possibilità di parteciparvi. Anche a Genova nessuno si era schifato quando nel 2009 il Genoa sfiorò l’iscrizione per un gol di differenza reti e nel 2010 la Sampdoria, arrivata quarta, entrò a far parte sia pure per poco del circo allargato.

Nessuno poi aveva fiutato il pericolo nell'ormai lontano 1993, quando cominciarono a trasmettere le partite in diretta a pagamento. Allora a molti parve una comodità, invece era l'annodamento del cappio che ci si sarebbe stretto al collo.

Qualcuno tra i tifosi ci fu, che provò a opporsi, ma erano iniziative di testimonianza, atte a consolidare autostima e orgoglio più che a fermare la macchina che oggi arriva alla Superlega. Ma altrimenti lasciamo perdere. In quegli anni circolavano, non molto lontano da qui, presidenti miliardari (in euro) che indossavano i panni del proletario tuonando “noi piccole vogliamo una più equa distribuzione dei diritti”, E tutti a urlacchiare servilmente "bravo evviva", nessuno che dicesse né a né ba, solo che più diritti voleva dire consegnare il pallone alle televisioni, e vai con le partite a mezzogiorno, al lunedì sera, al venerdì sera, al sabato pomeriggio.

E il bello è che questo fiume di miliardi, piovuti sul mondo del calcio, ha migliorato i conti in banca di molta gente ma non certo il calcio.
Guardate da noi. Gli stadi sono ancora quelli di Mussolini per il mondiale 1934 e due di Montezemolo per il mondiale 1990 (il nostro e Bari, più Torino dove hanno soltanto rifatto la cornice tenendo interni e spogliatoi e tutto). L'unico davvero bello e nuovo, nel senso che ha 30 anni, è quello di una squadra fossile e marginalizzata, la Triestina.
I vivai muoiono perché tutti vanno a cercare stranieri e la nazionale da quindici anni fa le peggiori figure della sua storia, ai mondiali due eliminazioni al primo turno e una mancata qualificazione che non avveniva dal 1958.

Quel mare di soldi è finito nelle tasche dei giocatori, anche i più scarsi che negli anni 70 e 80 a fine carriera se gli andava bene aprivano un bar oggi guadagnano dieci volte i loro predecessori.
La fetta più grossa è andata ai procuratori soprattutto, e nessuno che dicesse nulla di fronte alla tracotante invasività di queste figure.
Poi qualche briciola è andata pure all'infinità di figure create dal nulla che servono a nulla o al massimo a poco tranne che a se stesse, oggi le società pullulano di addetti a questo o di direttori di quello con nomi in inglese che fa tanto figo, molti allenatori girano con un harem di una quindicina di persone ed ecco l'analista video e il collaboratore tecnico e il preparatore del preparatore del preparatore e il motivatore e lo psicomeccanico e l'erborista e il tattico e il sarchiapone e la foa do bestento.

Parlo di quello che mi è familiare: Boskov erano lui e Pezzotti, la Sampdoria erano Mantovani e la Pinuccia e Rebuffa, però in campo c'era chi c'era e non mi pare che le cose andassero male. Adesso anche le società di calcio più sganganate hanno gli addetti alle fotocopie e i direttori del reparto fare la punta alle matite, il preparatore delle rimesse laterali e il perito balistico dei meali, ma a guadagnarci non sono le società ma appunto gli addetti alle fotocopie e i direttori del reparto fare la punta alle matite, il preparatore delle rimesse laterali e il perito balistico dei meali.

È andata così. Non abbiamo difeso abbastanza quel che millantavamo di amare, ci siamo lasciati suggestionare. E adesso è tardi. E anche quelli che oggi son contenti, domani faranno la Super-SuperLega e qualcuno di loro sarà lasciato a piedi. E magari per decenza tacciano quei presidenti professionisti, che saltabeccano da una società all'altra spesso lasciando solo macerie: loro sono i primi fattori patologici e patogeni di quella degenerazione del calcio che sfuma nella Superlega e la sola cosa a loro sgradita del nuovo torneo è che non possono entrare a farne parte, per sgranocchiare un po' di dobloni anche lì.

Io credo nel libero mercato e nella libera concorrenza, nel senso che lo ritengo un sistema imperfetto ma comunque migliore di una società pianificata dall'alto in modo dirigistico, però mercato e concorrenza vanno regolati altrimenti si finisce contro un muro, perché la logica del profitto non può essere il solo canone. Il calcio è stato inventato poco dopo la metà dell'Ottocento, per un secolo e mezzo è stato in piedi con mille difetti, qui se ne minano le fondamenta: partecipazione popolare dal basso e meritocrazia. Senza questi due fattori crolla tutto. E infatti sta crollando tutto.
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