Dopo il film su Jackie Kennedy girato nel 2016, il cileno Pablo Larrain si confronta con un altro personaggio iconico degli ultimi decenni: lady Diana Spencer, Principessa del Galles, moglie di Carlo d’Inghilterra dal 1981 al 1996, morta tragicamente l’anno dopo in un incidente stradale a Parigi. ‘Spencer’ – presentato in concorso alla Mostra di Venezia dell’anno scorso - si concentra in realtà su tre giorni a cavallo di un Natale a Sandringham, residenza di campagna della casa reale dove il tempo tradizionalmente scorre mangiando, bevendo, sparando e andando a caccia.
Tanto e forse troppo si è detto negli anni su questo personaggio certamente complesso, amato o odiato a seconda delle circostanze, che ha comunque trovato la forza di rovesciare l’assunto su cui di basano molte favole: una principessa che decide di non diventare regina scegliendo in qualche modo di costruire da sola la propria identità. Il punto centrale del film è questo, il tentativo di esplorare il percorso interiore che fra dubbi e determinazione l’ha condotta a preferire la libertà rispetto a un mondo che probabilmente gli si è chiuso intorno come una prigione: una donna che nel corso degli anni ha finito per perdere se stessa cercando di essere all’altezza delle aspettative altrui.
Larrain ce la mostra insofferente alle regole, sempre in ritardo a tutti gli appuntamenti che il cerimoniale impone, dai pranzi alle cene passando per la foto ufficiale di famiglia, mentre cambia l’ordine dei vestiti che dovrebbe indossare a seconda della circostanze, interessata soltanto al rapporto con i figli. E intorno a lei – che finisce per identificarsi con Anna Bolena, sua lontana parente, seconda moglie di Enrico VIII decapitata perché accusata di adulterio – vede soltanto nemici con l’unica eccezione di una sarta che le confesserà alla fine una vicinanza nei suoi confronti molto al di là della semplice amicizia. Un’invenzione di Larrain come tante altre all’interno del film.
Ma al di là del senso di oppressione che la protagonista sente continuamente dentro di sé e della passione e il rispetto con cui ci viene mostrata, il limite maggiore sta nell’immagine che viene fuori di Diana (interpretata da Kristen Stewart) che non le rende un buon servizio: una donna perennemente sull’orlo dello squilibrio mentale, combattuta tra bulimia e anoressia. Così ‘Spencer’ non prende mai il volo, restando soltanto una favola nera che procede tra luoghi comuni e la mancanza di un dolore vero senza approfondire più di tanto la realtà di una persona in gabbia. Una gabbia dorata, non c’è dubbio, ma pur sempre una gabbia.
IL COMMENTO
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