Per uno cresciuto da bambino in una valle remota tra le montagne bavaresi che fino all'età di 11 anni non conosceva nemmeno l'esistenza del cinema, una carriera mica male quella di Werner Herzog (il primo dei due Leoni d’oro alla carriera che la Mostra assegna quest’anno, l’altro sarà per Kim Novak) che ha recuperato rapidamente il tempo perso da giovanissimo: aveva 15 anni quando iniziò a sviluppare i suoi primi progetti e dal momento che nessuno era disposto a finanziarli durante gli ultimi anni del liceo lavorò di notte come saldatore in un'acciaieria. La sua opera prima la girò diciannovenne e da allora non si è mai fermato scrivendo, producendo e dirigendo circa 70 film, pubblicando anche poesie, libri di prosa e romanzi, mettendo in scena una dozzina di opere in tutto il mondo, Scala di Milano compresa, e recitando sia al cinema che in tv dove ha avuto un ruolo da guest star nei Simpson.
Tra i maggiori innovatori del cinema contemporaneo
“Un cineasta fisico e un camminatore instancabile”, lo ha definito il direttore della Mostra Alberto Barbera nel proporlo come Leone d’Oro alla carriera di questa edizione 2025, che ha percorso incessantemente il pianeta Terra inseguendo immagini mai viste, mettendo alla prova la nostra capacità di guardare, sfidandoci a cogliere ciò che sta al di là dell’apparenza del reale, sondando i limiti della rappresentazione filmica alla ricerca di una verità superiore e di esperienze inedite. Affermatosi come uno dei maggiori innovatori del Nuovo Cinema Tedesco, con film quali Nosferatu - Il principe della notte, Aguirre, furore di Dio, Fitzcarraldo, Il cattivo tenente e Grizzly Man, non ha mai smesso di saggiare i limiti del linguaggio cinematografico smentendo la tradizionale distinzione tra documentario e finzione, invitando ad una interrogazione radicale sui temi della comunicazione, sui rapporti fra le immagini e la musica, sull’infinita bellezza della natura e la sua inevitabile corruzione.
Una carriera affascinante e pericolosa
La carriera di Herzog è insieme affascinante e pericolosa, perché basata su un coinvolgimento totale, nella messa in gioco di sé fino al limite del rischio fisico, dove la catastrofe è costantemente in agguato. Geniale narratore di storie insolite, è anche l’ultimo erede della grande tradizione del romanticismo tedesco, un umanista visionario, un perlustratore instancabile votato a un nomadismo perpetuo, alla ricerca come una volta disse lui stesso “di un luogo dignitoso e conveniente per l’uomo, un luogo che è talvolta un Paesaggio dell’Anima”.
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