
Ahi, Caterina, che vita grama, per quattrocento anni! Non solo sui palcoscenici di tutto il mondo, vessata e sottomessa dall’abile (e avido) Petruccio ma anche nelle coscienze di tutti noi, paradigma di un’indocile femminilità mortificata e asservita alla metà più forte del cielo, con l’unica, magra soddisfazione di essere uscita dalla penna di un grande poeta. Bisbetica domata un po' per amore e molto per calcolo, le vicissitudini sue e di quella ‘scolding tongue’, lingua pungente, che per l’eternità le ha regalato Shakespeare, fanno irruzione sul palcoscenico di Borgio Verezzi – sabato 26 e domenica 27 alle 21.15 - con Amanda Sandrelli e Pietro Bontempo e la regia di Roberto Aldorasi.
La trama
Il Festival insomma si affida all’Autore per eccellenza, William Shakespeare, colui cioè che più di altri (affiancato in questo caso forse dal solo Goldoni) ha contribuito a scrivere la storia di questa manifestazione. Ed ecco che ritroviamo l’educazione sentimental-matrimoniale di Caterina, stizzosa figlia di Battista, signore padovano, da parte di Petruccio che un po' per gioco e molto perché allettato dalla cospicua somma di denaro che la ragazza porta in dote finisce per sposarla sottoponendola poi ad ogni sorta di privazioni e umiliazioni per stemperarne il carattere focoso ed aggressivo.
Opera giovanile di Shakespeare
Sull’esatta collocazione cronologica de La bisbetica domata c’è, di base, un piccolo mistero alimentato da un testo apparentemente simile nelle vicende e nel titolo (The taming of the shrew e The taming of a shrew) ma sostanzialmente diverso per stile ed elaborazione psicologica dei personaggi. In ogni caso, non ci si sbaglia di molto se lo si colloca nell’ultimo quinquennio del Cinquecento e dunque senza dubbio nel primo periodo dell’attività di Shakespeare, opera giovanile (e si sente) non fosse altro per quel suo indulgere al verso - il decasillabo sciolto dell’epoca elisabettiana, la prosa arriverà più tardi - dove l’autore, ancora lontano dalla sicurezza e dall’indipendenza formale che raggiungerà in seguito, cerca di mettere alla prova le proprie possibilità creative seguendo un po' le tendenze del momento.
Intrighi ed equivoci
Shakespeare introduce insomma il modello della commedia classica all’interno di forme di teatro popolare, esasperando gli intrighi e gli equivoci e attingendo alla tradizione millenaria della misoginia di un teatro allora esclusivamente per uomini. Una trama, a prima vista, troppo ‘dalla parte di lui’ per poter reggere l’urto femminista dagli anni settanta in poi che l’ha relegata vorticosamente in un angolo tanto che il ricordo più vivido che rimane nella memoria è ancora quello della trasposizione cinematografica che ne diede Franco Zeffirelli nella quale Elizabeth Taylor e Richard Burton evocavano sullo schermo gli inferni che vivevano nella realtà quotidiana del loro rapporto. Ecco quindi che la versione in scena a Borgio può servire anche per fare chiarezza, sgomberare il campo da molti malintesi - qualora ve ne siano stati -, rimettere ordine in convinzioni consolidate ma forse ormai superate dal tempo e svelarne il lato più dichiaratamente ludico.
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