Cultura e spettacolo

Arriva in sala l'opera prima di Bpng Joon-Ho, il regista coreano di 'Parasite'
2 minuti e 34 secondi di lettura

Ad Hollywood c'è un vecchio adagio che dice: 'non uccidere mai il cane'. Ovvero, sfoga tutta la violenza che credi sui tuoi personaggi ma mai, in nessun caso, ammazza volontariamente un animale. Bong Joon-Ho, il regista coreano che con 'Parasite' nel 2019 ha vinto tutto quello che c'era da vincere, in 'Cane che abbaia non morde', il suo film di esordio del 2000 che viene fatto uscire adesso nelle sale, non solo i cani li uccide, ma li strangola, li lancia dai tetti e li fa bollire come fossero uno stufato. Con la doverosa premessa, che si legge nei titoli di testa, che 'nessun animale è stato maltrattato durante la lavorazione'.

D'altronde chi di noi può resistere all'irritazione che nasce dal cane del vicino che abbaia continuamente, tutto il giorno e tutta la notte, senza sosta? Parte da qui la storia di un docente universitario disoccupato e frustrato che vive in uno squallido condominio con la sua ragazza, incinta e piuttosto prepotente. Quando un cane abbaiando lo infastidisce oltre il limite di sopportazione, cerca di alleviare lo stress rubandolo, con l'intenzione di ucciderlo. Poi cambia idea, perché comunque una coscienza ce l'ha, ma prima che possa salvarlo un sadico custode l'ha già scuoiato e bollito. Peccato poi che venga a sapere che il povero animale non poteva abbaiare e in realtà era un altro cane a disturbarlo. Così decide di occuparsi anche di lui mentre un'inquilina del palazzo che sogna di diventare una celebrità di YouTube cerca di catturare il misterioso assassino di cani.

In 'Cane che abbaia non morde' c'è molto del Bong Joon-Ho che abbiamo imparato a conoscere, ovvero un regista iconoclasta radicato nella politica di classe che con personaggi maniacali e un umorismo che più nero non si può gioca con le aspettative del pubblico rivelando un certo piacere nel ridicolizzare i suoi personaggi e condividendo in modo cinico questo piacere con lo spettatore che diventa in qualche modo complice. Una commedia nera anarchica e maliziosa, con due personaggi che vogliono disperatamente sfuggire al mondo che li circonda: un docente universitario part-time con l'aspirazione di diventare professore ma senza i soldi per corrompere chi potrebbe aiutarlo e una ragazza frustrata che sogna ad occhi aperti di diventare famosa. Entrambi intrappolati in un sistema decadente e corrotto dove l'elusione dei codici sembra essere la regola, la loro esistenza si riduce a lottare senza combattere, ad abbaiare senza mordere condividendo anche la stessa ossessione, quella di fuggire a tutti i costi dalla monotonia della vita quotidiana barcamenandosi in fondo alla scala sociale in attesa di qualcosa di meglio.

Il regista coreano è abile nel combinare una commedia dolorosamente impassibile con una malinconia stanca del mondo punteggiandola di momenti di inaspetto impatto drammatico. Utilizza elementi del surreale e del satirico per interrogare, ma mai condannare apertamente, i protagonisti per la loro meschinità di spirito dilettandosi – attraverso le corde dell'assurdo - ad estrarre l'umorismo dalle minuzie di un quotidiano che avvolge in tutta una serie di svolazzi stilistici. Irriverente ma a volte anche elegiaco, il suo è un miscuglio ferocemente originale che consolida la reputazione di un regista di livello mondiale.