Cultura e spettacolo

2 minuti e 35 secondi di lettura

Il 13 novembre 2015, Parigi venne scossa da una serie di attacchi terroristici senza precedenti: sparatorie sistematiche da parte di estremisti dello Stato islamico che videro 131 persone uccise in diverse parti della città, 90 delle quali soltanto al Bataclan, storico teatro della capitale francese. È stato il peggior atto di terrore compiuto in Europa dagli attentati ai treni di Madrid nel 2004. 

In ‘Novembre’ Cédric Jimenez si avventura sul terreno minato della storia molto recente. A differenza della connazionale Alice Winocour, il cui fratello era al Bataclan, che con il suo ‘Revoir Paris’ ha optato per il punto di vista dei sopravvissuti, evitando un’inutile assunzione di rischi non ha riprodotto i terribili eventi che conosciamo creando un film poliziesco intorno all’indagine, facendoci vivere il caso a fianco degli investigatori e fermando il nastro nei cinque giorni successivi agli attacchi: una corsa contro il tempo per localizzare due terroristi che potrebbero condurre una nuova azione di sangue e di morte. Se si dovesse trovare nelle intenzioni un equivalente, siamo dalle parti di ‘Zero dark thirty’ di Kathryn Bigelow sulla caccia di Osama bin Laden che durò otto anni.

La cronaca di quella notte non rappresenta insomma il cuore del racconto, non ci viene mostrata alcuna scena di attentato, nessuna vittima, nessun terrorista, per concentrarsi su un paese sprofondato nel caos e su tutti quelli che lavorarono per preservare la coesione e la sicurezza della nazione. Un film sulla capacità del collettivo di costituire qualsiasi fondamento di una società, e in particolare la nostra. Jimenez ci immerge totalmente nel cuore di questa indagine tentacolare dove nulla è occultato da esitazioni, scoramento e disaccordi tra i diversi servizi di intelligence mostrandoci soprattutto l'urgenza cui sono sottoposti professionisti la cui unica preoccupazione è evitare un nuovo massacro.

A differenza del suo precedente 'BAC Nord', ispirato ad uno scandalo che colpì nel 2012 la squadra anticrimine di Marsiglia quando 18 suoi agenti vennero arrestati per traffico di droga, il regista qui rinuncia a qualsiasi apologia della polizia. Non ci sono eroi: solo uomini e donne che hanno abdicato alla loro vita familiare e alle loro emozioni ridotti allo stato di macchine concentrate collettivamente sullo stesso obiettivo. Il limite è che rimanendo strettamente all’interno dei confini dell’indagine, di loro lo spettatore finisce per non sapere nulla, preferendo l’azione rispetto ai personaggi, nonostante almeno un paio, una giovane poliziotta ma soprattutto una donna araba che ipotizza che il suo compagno di appartamento sia in contatto con uno dei ricercati e inizialmente viene ignorata, avrebbero meritato di essere approfonditi.

Il problema insomma è che la forma utilizzata preclude qualsiasi sfumatura. C'è troppa adrenalina che corre in giro per darci tempo di pensare. Un film muscolare che mostra come l'eroismo sia qualcosa di collettivo dove la ricerca di trovare il colpevole non è affidata ad un eroe solitario che si occupa del male autonomamente né ad una competizione tra ego diversi ma piuttosto un solido lavoro di squadra. Da questa prospettiva, 'Novembre' è un thriller classico che rende omaggio ai protagonisti allontanandosi dalle convenzioni proprie del cinema hollywoodiano ma che non va in profondità cercando la strada delle emozioni soltanto attraverso l’azione.