Cronaca

I due giovani avevano scritto una lettere in cui prendevano le distanze dai due condannati per la morte della ragazza
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GENOVA - 280 ore di volontariato a testa per aver depistato le indagini sulla morte di Martina Rossi. E' quanto deciso dal giudice Stefano Lepri nei confronti di Federico Basetti ed Enrico D'Antonio, i due amici accusati di falsa testimonianza sull'omicidio della ragazza genovese che nell'agosto del 2001 cadde da un balcone a Palma di Maiorca mentre fuggiva ad un tentativo di stupro.

I due giovani avevano scritto una lettera ai genitori della ragazza in cui prendevano le distanze da Alessando Albertoni e Luca Vanneschi, i due ragazzi condannati in via definitiva a tre anni per la morte di Martina. Basetti e D'Antonio si sono impegnati anche a donare 1.500 euro a testa ad un associazione che si occupa di violenza contro le donne

Pochi giorni fa le dichiarazioni del padre di Martina, Bruno Rossi, che aveva affermato che la condanna non era stata ancora effettivamente andata in esecuzione - LEGGI QUA Omicidio Martina Rossi, il padre Bruno: "Pena non ancora attiva"

Secondo la Cassazione, Martina morì nel tentativo di fuggire a uno stupro: Vanneschi e Albertoni sono stati condannati per tentata violenza sessuale mentre è andata prescritta l'accusa di morte come conseguenza di altro reato. Gli investigatori spagnoli avevano sbrigativamente chiuso le indagini come suicidio ma grazie alla tenacia dei genitori di Martina, assistiti dall'avvocato Stefano Savi, e all'allora pm Biagio Mazzeo le indagini erano state portate avanti a Genova e avevano scoperto che la studentessa era stata aggredita.