Cronaca

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di Annissa Defilippi

Si riapre oggi l’aula della Corte d’Assise di Genova per l’udienza chiave del processo sull’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari. Tocca alla difesa di Annalucia Cecere, l’unica imputata per l’omicidio volontario aggravato, prendere la parola con l’arringa dell’avvocato Giovanni Roffo. Ma la sentenza, originariamente prevista per dicembre, slitterà inevitabilmente al nuovo anno, almeno al 15 gennaio 2026.

Un processo durato un anno dopo 29 anni di ombre

L’udienza del 4 dicembre era saltata per l’assenza di un giudice popolare, costringendo la Corte presieduta da Massimo Cusatti a rinviare i lavori. Un intoppo tecnico che ha posticipato la conclusione di un processo durato quasi un anno, riaperto dopo 29 anni di ombre sul cold case ligure.

Il movente di Cecere secondo l’accusa

Annalucia Cecere, 56 anni, ex insegnante residente a Boves (Cuneo), è accusata dalla Procura di aver massacrato Nada Cella con oltre 40 colpi, mossa da gelosia e frustrazione. Secondo la pm Gabriella Dotto, che a ottobre ha chiesto l’ergastolo, Cecere avrebbe agito in un raptus di “lucida follia”, sfogando su Nada la rabbia accumulata per una vita difficile e per un presunto interesse sentimentale e professionale verso Soracco.

Difesa: “Cecere non sia capro espiatorio”


La difesa, rappresentata dagli avvocati Gabriella Martini e Giovanni Roffo, ha già contestato punto per punto l’impianto accusatorio. A fine novembre, l’avvocata Martini ha elencato otto “falle” nella ricostruzione della Procura: dall’assenza di un movente solido alla mancanza di prove dirette che collochino Cecere sulla scena del crimine. “Annalucia Cecere non ha commesso il fatto”, ha ribadito Martini, invitando i giudici a non trasformare l’imputata in un “capro espiatorio” per il clamore mediatico. Ha sottolineato come le due donne non si conoscessero, come non ci fosse traccia di una relazione con Soracco e come il trasferimento da Chiavari non fosse una fuga, ma una scelta legata agli studi.

Cecere non è mai apparsa in aula durante il processo, esercitando il diritto al silenzio. Anche Marco Soracco, imputato per favoreggiamento (per lui chiesti 4 anni), ha sempre proclamato la propria estraneità.

Oggi Roffo completerà la linea difensiva, prima delle eventuali repliche. Poi la Corte entrerà in camera di consiglio, ma la pausa natalizia renderà impossibile una sentenza prima del 2026.

Per la famiglia di Nada Cella, rappresentata dalle parti civili, è l’ultimo atto di una attesa durata decenni. La madre Silvana Smaniotto, dopo la requisitoria della pm, aveva confidato di sentirsi “in pace”. Ora resta da vedere se la Corte riterrà sufficiente il quadro indiziario – bottoni simili trovati in casa Cecere, testimonianze su frequentazioni dello studio, intercettazioni – per una condanna oltre ogni ragionevole dubbio.

Il verdetto arriverà nel nuovo anno, chiudendo (o forse riaprendo) uno dei cold case più discussi d’Italia.

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