Cronaca

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Il 13 novembre 1995 Sargonia scompare da Linkoping,, cittadina dove la giovane abitava e dove Salvatore Aldobrandi faceva il pizzaiolo. Dopo mesi sotto la lente della polizia svedese l'uomo si è trasferito a Sanremo, dove viveva sotto falso nome
3 minuti e 27 secondi di lettura
di Aurora Bottino

Si aprirà il prossimo 22 aprile, davanti alla Corte d'Assise di Genova, il processo d'Appello nei confronti di Salvatore Aldobrandi: l'ex pizzaiolo residente a Sanremo di 75 anni, condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio volontario aggravato e la soppressione di cadavere dell’ex fidanzata Sargonia Dankha, di soli 21 anni.

Un cold case che risale - ormai - a 30 anni fa per cui l'anziano, di origini calabresi, era stato arrestato il 17 giugno 2023 dopo che i genitori della giovane, che non si sono mai arresi, avevano sporto denuncia in Italia tramite un avvocato di Milano. E proprio in Italia gli inquirenti hanno deciso di andare fino in fondo, volando in Svezia più volte per incontrare testimoni e collaborare con la polizia svedese. 

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13 novembre 1995, l'ultimo giorno in cui Sargonia è stata vista viva

Il 13 novembre 1995 Sargonia scompare da Linkoping, Svezia meridionale, cittadina dove la giovane abitava e dove Aldobrandi faceva il pizzaiolo. L'uomo finisce subito sotto la lente di ingrandimento della polizia svedese: nell'auto da lui usata e sul suo letto vengono trovate macchie di sangue che viene scoperto essere della giovane. C'è poi quella che viene definita una confessione: "Aiutami a nascondere un cadavere fatti a pezzi", riportata nell'ordinanza svedese e imperiese secondo la quale Aldobrandi fece a un suo amico, gestore di un pub svedese, al quale chiese anche in prestito l'auto lo stesso giorno della scomparsa della ragazza.

Cold case, sanremese accusato di omicidio non risponde al gip

L'uomo, unico indiziato, viene arrestato e portato in carcere, ma viene scarcerato pochi mesi dopo: la polizia sembra non avere dubbi sulla sua colpevolezza (o almeno così si evince dai giornali svedesi), ma il corpo della giovane non è ancora stato ritrovato. Secondo il regime giudiziario svedese, infatti, senza il cadavere o testimoni diretti non si può accusare di omicidio e così Aldobrandi torna libero. Nel giro di poco lascia la Svezia e si crea una nuova vita in Liguria, a Sanremo, dove si risposa (più volte), ha diversi figli e vive sotto falso nome.

Secondo varie testimonianze rilasciate in aula Sargonia era rimasta incinta di Aldobrandi ma aveva abortito, "lui non ne sapeva nulla" aveva raccontato una sua amica. "La loro relazione era tossica, quando troncò la relazione prese in affitto un appartamento. Era felice. Quel giorno (il giorno della sua scomparsa ndr) saremmo dovute andare a fare shopping. Mi chiamò alle 10:10, mi disse. "Sveglia tesoro, ci vediamo alle 11:30". Non l'ho mai più rivista".

Cold case sanremese, Aldobrandi condannato all'ergastolo

Salvatore Aldobrandi è stato condannato all'ergastolo in primo grado 

Dal processo, finito con l'ergastolo per l'anziano, è emerso che Sargonia e Salvatore avevano una relazione turbolenta che lei aveva interrotto da qualche tempo. Sargonia, descritta sempre - anche dopo 30 anni - come una ragazza solare e piena di vita, inizia una nuova frequentazione con Nordin, svedese. Un normale continuo di vita che fa cadere Aldobrandi, violento e patologico, in un vortice di rabbia. Aldobrandi avrebbe ucciso Sargonia nel ristorante dove lavorava a Linköping e poi ne avrebbe fatto sparire il cadavere, forse con l'aiuto di un complice. Sembra che il presunto assassino abbia rivelato a un suo compagno di cella dettagli raccapriccianti sull'omicidio e su come avrebbe fatto sparire ogni traccia del corpo di Sargonia, facendolo prima a pezzi e poi gettandolo in una discarica.

"Aldobrandi considerava Sargonia come una sua proprietà"

La Corte ha riconosciuto l'aggravante dei motivi abbietti posti a fondamento dell'omicidio ossia quei motivi che "secondo il sentire comune siano vili, spregevoli, ignobili, turpi e rivelino la perversità del reo, destando ripugnanza nel soggetto medio di una determinata comunità di riferimento". Sargonia, nelle parole della Corte,  in quanto Aldobrandi la considerava "una cosa di sua proprietà, che non esitava a umiliare anche in pubblico". 

L'omicidio perpetrato da Aldobrandi si manifesta quindi come espressione di uno spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza. "Aldobrandi - scrive la Corte - considerava la vittima come qualcosa di sua proprietà e non esitava, durante la relazione, a umiliarla in pubblico". La madre della ragazza in aula aveva raccontato di una telefonata in cui l'uomo le diceva che non avrebbe mai più rivisto sua figlia. 

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