"Chiediamo una mano alle istituzioni perchè ci permettano di trovare una sistemazione" Stefano Podestà è una delle circa 40 persone che si trovano all'interno dell'ex monastero di via Byron nel quartiere di Albaro a Genova. Una situazione complicata che intreccia diversi aspetti: le suore che gestivano il complesso sono state spostate, un istituto (l'Edit Stain Casa Raphael) che ha chiuso i battenti, una nuova proprietà che vuole prendere il controllo dell'area dopo l'acquisto (circa quattro mila metri quadrati e altri sei mila di giardino) e uno sfratto previsto dal Tribunale di Genova per il 6 novembre. Quel giorno infatti tutti gli ospiti devono lasciare la struttura.
Chiusa l'acqua e chi esce non può rientrare
All'interno della struttura ci sono molti stranieri che arrivano da diversi Paesi: la maggior parte dal Perù ma qualcuno anche dalla Tunisia, dal Libano e poi qualche italiano. Tra gli ospiti anche alcune persone malate che necessitano di cure. Nel mentre, raccontano, l'acqua è stata chiusa e le persone all'interno non possono lavarsi, bere dal rubinetto e prepararsi da mangiare. Le famiglie con figli minori possono uscire e rientrare liberamente, chi invece è solo ed esce dalla struttura non può più fare rientro. "Nel pomeriggio avevo una visita medica - racconta ancora Podestà - ma se esco poi come faccio a rientrare?". Lazaro arriva dalla Tunisia e ha deciso di uscire lasciando documenti e tutta la sua roba all'interno struttura. "Quella me la devono restituire" e alla domanda di cosa farà ora resta sul vago. Altri se ne vanno con lo zaino sulle spalle e le valigie trascinate lungo l'asfalto.
Appello al Comune di Genova
Molti ospiti lavorano in nero. Una ragazza con due figli racconta di fare la badante e che quando tornerà nella struttura porterà qualcosa anche agli altri ospiti ma essendo solo non potrà portare molto. I peruviani hanno chiesto supporto anche al console ma l'unica risposta ricevuta è stata che al massimo potevano ricevere un biglietto aereo per il Perù. In questi anni gli ospiti hanno pagato un affitto di circa 300 euro. Un tempo l'istituto Edit Stain Casa Raphael ospitava anche i migranti con la struttura riconosciuta dalla prefettura come luogo di accoglienza. Nel 2023 l'edificio è stato comprato dalla nuova proprietà che ora vuole sfruttare in altro modo gli ampi spazi dell'area. In estate la questione degli ospiti è tornata al centro dell'attenzione. A gestire il tutto è la prefettura. Ma nel frattempo i giorni sono passati e la data del 6 novembre si avvicina sempre più.
Bruno Manganaro del sindacato inquilini Sunia già dalla mattina presto : "In questi mesi l'amminsitrazione pubblica si è presa l'impegno per risolvere la situazione. Questa dituazione è però degenerata nelle ultime ore con la chisura del refrettorio. Chi rimane dentro è quasi segregato, per mangiare i bambini si affidano a una struttura vicino che in modo volontario cerca di dare una mano. Ma nessuno interviene. La proprietà giustamente ha diritto a rientrare nel controllo dell'edificio ma ci sono uomini, donne e bambini che meritano rispetto. Il Tribunale di Genova ha dato una data: il 6 novembre e il Comune deve risolvere questo problema". L'obiettivo è trovare una nuova soluzione abitativa per tutte le persone presenti all'interno dell'ex monastero".
L'intervento dei servizi sociali
Poi nel pomeriggio l'intervento della polizia e dei servizi sociali inviati dal Comune di Genova che ha permesso di ripristinare l'acqua e gli altri servizi. L'assessore alla Politiche sociali Cristina Lodi spiega che gli uffici del Comune hanno fatto partire la valutazione della situazione e l'approfondimento per trovare delle soluzioni abitative insieme alle famiglie".
 
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