Processo Morandi, Castellucci torna in aula "online" dal carcere
Nel giorno in cui l'accusa ribadisce che le responsabilità dell'ex top manager sono le stesse che hanno convinto la Cassazione a condannarlo per la tragedia di Avellino, l'ex Ad di Aspi assiste all'udienza collegandosi dall'istituto milanese di Opera
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di Michele Varì
Nel giorno in cui il pm Cotugno spiega perché i vertici di Autostrade per l'Italia meritano di essere condannati per la tragedia di Ponte Morandi come ha fatto la Cassazione per la strage del bus caduto nel vuoto sul viadotto Acqualonga di Avellino nel 2013, l'ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, che in Campania è stato condannato a sei anni e da aprile è detenuto, si è collegato per la seconda volta al processo Morandi dal carcere di Opera, Milano, per assistere all'udienza.
Omissioni di Avellino sono le stesse di Genova
L'imputato più importante dei 57 alla sbarra a Genova che mesi fa in aula ha dichiarato di sentirsi "responsabile ma non colpevole" nelle scorse settimane ha preannunciato che intende rilasciare nuove dichiarazioni spontanee.
Cotugno, sostenuto in aula anche alla presenza in aula del procuratore Piacente, ha spiegato che fra la tragedia sul viadotto Acqualonga dove ci furono 40 vittime e quella del Polcevera vi sono molte analogie: lì non venne sostituito un guardrail, favorendo così la caduta del bus, a Genova non è stata mai rifatta la pila 9 del ponte Morandi nonostante negli anni '90 si fosse intervenuto sulle pile gemelle 10 e 11. "Le omissioni e mancati controlli all'origine della tragedia di Avellino - ha riferito Cotugno - sono stati reiterati sino al crollo del Polcevera del 2018 e anche dopo".
Le tante analogie fra le due tragedie
Il pm ha riferito che quando analizziamo la sentenza della Cassazione in merito alla condanna per la tragedia di Avellino parliamo di una sentenza recente che riguarda molti degli imputati presenti nel nostro processo. "Abbiamo le stesse persone, stesse società, stessi ordini di servizio. Aspetti comuni sono anche gli obblighi giuridici, la stessa gerarchia".
Reati identici ma dopo 5 anni La priorità doveva essere la sicurezza
La sentenza di Avellino, ha riferito ancora Cotugno, rappresenta la nostra storia, nella nostra storia la responsabilità è però più diretta perché non ci sono concorsi di altri fattori, ed è un fatto che è avvenuta dopo cinque anni, questo significa che la prima tragedia non ha insegnato nulla, gli imputati hanno proseguito nelle loro attività di omissioni. "Nella sentenza della Cassazione su Avellino - ha aggiunto il pm - c'è la condivisione delle responsabilità dei vertici aziendali, la conferma dell'insufficienza di controlli visivi esterni, le responsabilità del progettista. Anche ad Avellino parlavano di corrosione eccezionale unica, di azioni che il ponte non è stato in grado di reggere. Ma queste azioni dipendono dalla mancata tempestiva riparazione".
ThyssenKrupp e la priorità della sicurezza
Il pm Cotugno ha anche fatto un confronto con l'indagine sulla tragedia della ThyssenKrupp di Torino: "Per quell'azienda che realizzava acciaio la priorità era fare cucchiai, per Aspi invece doveva essere la sicurezza degli utenti che utilizzavano le autostrade".
La rivelazione durante la requisitoria, l'ex direttore di tronco Rigacci dopo un guasto al sistema di monitoraggio bloccò la circolazione per alcune ore, affermazione importante per la sua difesa ma anche per l'accusa: allora il viadotto si poteva interdire?
IL COMMENTO
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