
Male non fare, paura non avere. Annalucia Cecere, l'unica imputata per l'omicidio di Nada Cella, il cold case di Chiavari del 6 maggio 1996 riaperto grazie alla criminologa Delfino Pesce, evidentemente, però - a scanso di clamorose sorprese dell'ultima ora - la pensa diversamente. Si proclama innocente, ma nelle tante udienze celebrate dall'inizio del 2025, nell'aula della Corte di Assise a Genova non ha mai messo piede. Suscitando, in un'occasione, anche una battuta del presidente del collegio giudicante Massimo Cusatti che non mancato di rimarcare l'assenza dell'imputata.
Oggi il processo sul delitto di Nada riprende dopo la pausa estiva con i testi della difesa di Cecere, ma è evidente che la miglior difesa di sé stessa sarebbe potuta essere proprio lei, la donna accusata di avere ucciso la segretaria nel suo ufficio a Chiavari prima dell nove del mattino, di averla massacrata - come ha ricostruito l'accusa - in un raptus di violenza con alcuni oggetti impugnati nello studio perché non le transitava le telefonate al commercialista titolare dello studio, Marco Soracco, anche lui indagato per favoreggiamento.
Soracco, sollecitato dal suo legale, l'esperto avvocato Andrea Vernazza, però in aula c'è stato più volte, difendendosi in prima persona dall'accusa di avere in qualche modo favorito l'amica che lui dice di avere sporadicamente frequentato ai corsi di ballo e a una festa organizzata dalla scuola. Affermazione che contrastano con le affermazioni dell'anziana mamma (anche lei indagata per fuori dal processo per motivi di età) che nel 1996 aveva detto a Nada di non trasitare al figlio le telefonate di Cecere, definta una stalker. Affermazioni poi arrivate anche ad un frate di Chiavari.
Cecere però, non sappiamo se per strategia del suo avvocato Gianni Roffo o per sua scelta, sino ad oggi non si è mai presentatata. Ai poliziotti della procura che sono riusciti nel miracolo di riaprire il cold case ha riferito che lei è innocente e che la mattina del delitto era a fare dei lavori di pulizie a Santa Margherita. Provate il contrario voi, se siete capaci, sembra dire la linea difensiva che avrebbe presentato anche il vecchio contratto di lavoro.
Vero è che questo è un processo indiziario senza la pistola fumante
Vero è che questo è un processo indiziario senza la pistola fumante, un processo azzoppato dai quasi trent'anni passati da quando la donna era stata indagata per la prima volta dai carabinieri e subito archiviata in fretta e furia dall'allora pm Filippo Gebbia nonostante i militari avessero trovato in casa della donna 5 bottoni uguali, o quasi uguali, a quello sporco di sangue rinvenuto dalla polizia sotto il corpo ormai agonizzante di Nada. Un particolare forse determinante ma mai rivelato alla polizia titolare delle indagini, che infatti lo ha appreso solo nel 2021 grazie alla criminologa Delfino Pesce.
Ma in questo processo indiziaria il pm Gabriella Dotto e l'ispettore della mobile Mino Paoletti di indizi ne hanno trovati una marea, tanto che adesso il finale non appare così scontato come sembrava a inizio processo.
Gli indizi, dicevamo, sono tantini, in ordine sparso eccone alcuni: i bottoni, il teste che avevano visto Cecere davanti palazzo del delitto sporca di sangue, la telefonata anonima di una donna alla mamma di Soracco, una telefonata mai identificata dello stesso tenore arrivata a un avvocato, Soracco che giorni prima del delitto avrebbe rivelato a un collega quanto sarebbe accaduto nel suo studio, la reazione scomposta davanti ai poliziotti di Cecere alla riapertura del caso e il suo tentativo di convincere l'ex fidanzato ad dire cose non vere, la misteriosa donna che all'ora del delitto quando Nada è già agonizzante risponde dallo studio a una telefonata ad una cliente e poi butta giù, il trasloco, che sembra una fuga, di Cecere che pochi mesi dopo il delitto si trasferisce senza motivo a Boves (Cuneo) dove vive tutt'ora. Come se non bastasse anche il fratello di Cecere ha ammesso in aula e anche ai giornalisti che la sorella, forse perchè ha vissuto un'infanzia terribile, come tutti loro, in balia di un padre padrone, è molto nervosa e quando viene contraddetta diventa aggressiva. "Si sarebbe capace di uccidere".
L'avvocato di Cecere per difendere la sua assistita ha convocato un milite della pubblica assistenza che soccorse Nada, un esperto di bottoni che potrebbe smentire l'esperto della procura e una amica di Nada che potrebbe avvallare il desiderio della ragazza di cambiare lavoro perché infastidita dalle attenzioni del commercialista, come a riportare a galla la prima tesi degli inquirenti: forse a uccidere è stato il datore di lavoro.
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IL COMMENTO
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