GENOVA - "Mi mamma mi ha lasciato la mano perché sennò sarei finito anche io nelle cantine allagate, poi sono poi riuscito ad aggrapparmi alla ringhiera e a un tronco d'albero che ha permesso a un abitante di aiutarmi, di salvarmi, ma il mio eroe è mia mamma, è lei che mi ha salvato...".
Per la prima volta Domenico Sanfilippo, allora 15 enne, oggi ventisettenne, ricorda la tragedia in cui è morta la madre Angela Chiaramonte.
Il suo racconto davanti alle telecamere è comprensibilmente pieno di silenzi e frammentario: "Perché il ricordo di mia mamma voglio tenerlo per me", dice sostenuto dal padre Bennardo, che rimane sempre al suo fianco.
Domenico ha sempre presenziato la cerimonia della tragedia, ma non se l'era mai sentito di parlare. Dal suo racconto emerge la consapevolezza che senza la mamma e quell'abitante il suo nome poteva essere fra quelli delle vittime incisi nella targa apposta fra corso De Stefanis e corso Sardegna per non dimenticare l'alluvione del Fereggiano. Poi spiega il suo attuale stato d'animo: "Questa è la giornata del ricordo, non dobbiamo dimenticare quanto è accaduto e sono contento che a distanza di 13 anni ci siano ancora le istituzioni, mi fa piacere anche la vicinanza delle persone del quartiere che tutti gli anni sono qui".
Domenico ha seguito le orme del padre diventando un agente penitenziario e come ha fatto lui per tanti anni lavora nel carcere di Marassi, il fratello maggiore, che ha trent'anni, il 4 novembre del 2011 era all'università, e oggi fa l'ingegnere e vive a Torino. "Angela salvando Domenico ha salvato la nostra famiglia" conclude papà Bennardo, ora in pensione, "perché se non si fosse salvato io non avrei avuto la forza di andare avanti".
Per la prima volta Domenico Sanfilippo, allora 15 enne, oggi ventisettenne, ricorda la tragedia in cui è morta la madre Angela Chiaramonte.
Il suo racconto davanti alle telecamere è comprensibilmente pieno di silenzi e frammentario: "Perché il ricordo di mia mamma voglio tenerlo per me", dice sostenuto dal padre Bennardo, che rimane sempre al suo fianco.
Domenico ha sempre presenziato la cerimonia della tragedia, ma non se l'era mai sentito di parlare. Dal suo racconto emerge la consapevolezza che senza la mamma e quell'abitante il suo nome poteva essere fra quelli delle vittime incisi nella targa apposta fra corso De Stefanis e corso Sardegna per non dimenticare l'alluvione del Fereggiano. Poi spiega il suo attuale stato d'animo: "Questa è la giornata del ricordo, non dobbiamo dimenticare quanto è accaduto e sono contento che a distanza di 13 anni ci siano ancora le istituzioni, mi fa piacere anche la vicinanza delle persone del quartiere che tutti gli anni sono qui".
Domenico ha seguito le orme del padre diventando un agente penitenziario e come ha fatto lui per tanti anni lavora nel carcere di Marassi, il fratello maggiore, che ha trent'anni, il 4 novembre del 2011 era all'università, e oggi fa l'ingegnere e vive a Torino. "Angela salvando Domenico ha salvato la nostra famiglia" conclude papà Bennardo, ora in pensione, "perché se non si fosse salvato io non avrei avuto la forza di andare avanti".
IL COMMENTO
Cuocolo, la dimostrazione che a Genova i "giovani" possono fare bene
Il senso civico di Besi