GENOVA - Oggi a causa delle elezioni europee niente processo per tragedia di Morandi: le udienze sotto la tensostruttura al terzo piano di palazzo di giustizia riprenderanno domani e mercoledì con gli ultimi consulenti degli imputati di Autostrade per l'Italia, poi ci sarà una settimana di pausa e si tornerà in aula martedì 25 giugno (lunedì 24 è la festa di San Giovanni Battista, patrono di Genova) con il controesame di pm e delle parti su quanto è stato detto dai tecnici che difendono gli imputati di Aspi e anche di Spea, la società di ingegneria che avrebbe dovuto controllare Autostrade, i primi a parlare nella fase tecnica avviata per stabilire le cause del crollo.
Il processo per la tragedia avvenuto il 14 agosto 2018 e costata la vita a 43 persone è iniziato il 7 luglio di due anni fa e vede imputate 58 persone fra cui i vertici (ormai ex) di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci, Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli, e di Spea fra cui l'ex amministratore delegato Antonino Galatà.
Per i tecnici di Spea che hanno concluso la loro deposizione a fine maggio è stata quella che a provocare il crollo è stato un difetto di costruzione sulla pila 9 avvenuto nel 1966, mai rivelato dai costruttori e impossibile da diagnosticare.
Il vizio occulto e occultato è la causa principale anche per i consulenti Aspi che lo definiscono "senza precedenti nella storia dell'ingegneria".
Più precisamente i consulenti di Autostrade per l'Italia scrivono: "La fatale mancata tempestività della esecuzione dell’intervento sullo strallo di pila 9 lato mare lato Genova consegue alla mancata conoscibilità delle conseguenze del difetto costruttivo, un difetto occultato dai costruttori senza precedenti nella storia dell’ingegneria, ignoto alla scienza delle costruzioni".
I consulenti Aspi però non si limitano al difetto di costruzione ma aggiungono altri tre fattori scatenanti, primo fra tutti il carroponte che sino alla sera prima del crollo era ancorato al viadotto per permettere la sostituzione dei jersey: l'attrezzatura avrebbe lesionato l'impalcato, la strada, anche se il titolare della ditta quando è stato ascoltato in aula nelle vesti di testimone della difesa ha garantito che il carroponte non ha lesionato il viadotto e di avere lavorato seguendo il progetto di Aspi.
Gli altri due fattori scatenanti sarebbero stati: la tempesta di vento e grandine che si è scatenata su quel punto proprio alle 11.36, ora del crollo, e il rotolo di acciaio che sarebbe caduto da un tir sull'impalcato, anche se questa eventualità è stata ormai abbandonata dalla quasi totalità dei consulenti di Autostrade per l'Italia.
La procura si aspettava queste tesi difensive dopo l'analisi del reperto 132 del ponte da cui, nel secondo incidente probatorio, si evince che lì è cominciato il collasso del ponte. Per i magistrati dell'accusa però dopo il rifacimento nel '99 della pila gemella numero 11 si sarebbe dovuto per logica controllare in modo adeguato anche le altre due pile, la 10, con cui si interverrà poi con delle "pezze", e la 9 su cui invece non è stato effettuato nessun intervento. E' possibile che i giudici alla fine del controesame possano chiedere un ulteriore perizia per chiarire alcuni aspetti legati al cedimento del crollo del ponte. Forse anche per questo il presidente del collegio giudicante Paolo Lepri ha già annunciato la possibilità di rivedere alcune parti delle macerie, come ha richiesto nelle scorse udienze anche uno dei legali di uno degli imputati. In particolare si vuole riesaminare il reperto 132.
IL COMMENTO
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