Cronaca

Rinviati a giudizio i due egiziani "Bob" e "Tito" per uccisione del connazionale Sayed Mohamed Abdalla. Udienza il 30 maggio. Ancora in Egitto datore di lavoro. Mistero sul movente. In aula il fratello della vittima. Il papà è morto di dolore dopo il delitto
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GENOVA - Rischiano l'ergastolo i due egiziani arrestati dai carabinieri per l'omicidio avvenuto nella loro abitazione di Sestri Ponente del giovane connazionale Sayed Mohamed Abdalla, il barbiere diciottenne egiziano il cui cadavere, decapitato e con le mani mozzate era stato recuperato nel luglio dello scorso anno nel mare tra Chiavari e Santa Margherita. Il giudice ha deciso per il rinvio a giudizio dei due imputati. L'udienza è fissata per il 30 maggio.

Kamel Abdelwhab detto "Bob" (in basso a sinistra con la tuta grigia) e di Mohamed Abdelghani detto "Tito" (in alto con la tuta rossa) sono accusati di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e dei futili e/o abietti motivi. I due poche ore prima del delitto per i carabinieri titolari delle indagini avevano comprato una mannaia per uccidere e una grossa borsa in cui trasportare il cadavere sino a Chiavari, dove hanno poi fatto scempio sul corpo. Poi rinvenuto in mare senza mani e senza la testa, che non è stata mai trovata.

Bob ha spiegato che Tito avrebbe litigato con Abdalla e gli avrebbe inferto varie coltellate e che lui si sarebbe frapposto. Di fatto per il pm Pischetola i due hanno ucciso insieme.

Bob ha aggiunto che Tito, dopo avere ucciso Abdalla, avrebbe poi minacciato di morte lui e i suoi familiari, inducendolo così a non dire nulla e costringendolo ad aiutarlo per portare via il corpo in una valigia di grosse dimensioni di colore scuro, che entrambi hanno caricato su un taxi. Quindi il viaggio sino al retro di un'altra loro barberia a Chiavari, lì hanno trasportato il cadavere sulla spiaggia dove l'hanno mutilato, tagliato la testa e le mani del ragazzo, poi gettato nel mare.

Per il pm Daniela Pischetola e i carabinieri titolari delle indagini i due sono colpevoli sia dell'omicidio che della mutilazione del corpo.

Aly Abdelghani, detto Alì, il titolare del negozio (fratello di Bob) dove lavorava il ragazzo invece, che non è indagato, dal giorno dell'omicidio di trova in Egitto da dove più volte ha detto di volere rientrare in Italia per raccontare la sua versione, ma in realtà non è mai rientrato.

Il movente del delitto è ancora avvolto nel mistero: i due una volta arrestati hanno detto di avere ucciso Abdalla perchè si era licenziato dal negozio (tuttora chiuso) di via Merano, a Sestri Ponente, e voleva, per motivi economici, andare a lavorare in una barberia concorrente di Pegli. Un movente a cui non crede nessuno.
Bob è difeso dagli avvocati Salvatore Calandra ed Elisa Traverso, Tito invece è assistito dagli avvocati Carlo Manti e Fabio Di Salvo.

Oggi in tribunale c'erano anche due amici degli arrestati e un fratello maggiore (foto in basso a destra con il cappellino) e un cugino della vittima (foto in basso a destra con i riccioli neri). Il fratello lavora a Milano, anche lui come barbiere, mentre i cugino vive e lavorava nell'edilizia a Genova e somiglia in modo impressionante alla vittima. E' stato lui a svelare stamane che il papà del cugino ucciso è morto dal dolore poche settimane dopo il delitto, vicine alla madre rimangono tre figlie e un quinto figlio.

 

 

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