Cronaca

Fuggita da Lucca e da un papà che non poteva capire un figlio che giocava con le bambole, lei è stata salvata da Don Gallo e ora a 80 anni si commuove ricordando la mitica "Marechiaro". "Sui mie clienti potrei scrivere un trattato di sessuologia"
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GENOVA - Rossella che da ragazzino si chiamava Mario. Rossella che per scoprire la sua vera identità è dovuta fuggire da casa, da Lucca e dalla sua famiglia, dal papà che non poteva capire quel figlio che giocava con le bambole, per poi arrivare nel centro storico di Genova, il suo nido, dove ha trovato una nuova famiglia e dove le sono bastati pochi giorni per capire quale era la sua strada.

Oggi a oltre 80 anni, indossati in modo splendido, Rossella Bianchi si racconta ancora, stavolta si apre a "Michè",
per svelare ogni suo segreto, anche quelli più intimi. E lo fa con grande lucidità e con parole che sembrano scelte, soppesate, una a una una, con grande proprietà di linguaggio e illuminando con i suoi occhi gli angoli più bui della sua esistenza, della sua vita da trans, e da prostituta. Rossella, come si intuisce dai suoi libri, è una donna serena.

L'incontro con lei non poteva che avvenire in piazza Don Gallo,
da vico Croce Bianca, l'angolo dei vicoli più bui, dove neanche i genovesi si addentrano, la piazza dedicata al prete da strada che l'ha salvata dalla strada.

La storia di Rossella è un condensato di uomini di ogni età,
di ogni ceto sociale, persone ordinarie, ma anche fuori dal comune, con perversioni e fantasie che nessuno potrebbe immaginare, ragazzini curiosi che cercano di capire, maschi soli, mariti curiosi o delusi, persino preti, figli mai diventati adulti, persone con la doppia vita. Comunque uno spaccato della società e di Genova.

La cosa più bella che si percepisce parlando con Rossella è la sua serena consapevolezza,
lei sorride spesso perchè lei la vita l'ha sempre presa così, "scialla", l'ha vissuta annusandola, assaporandola e la azzanna ancora con un so

rriso, leggera, appunto, fra un viaggio e l'altro in ogni parte del mondo, una passione che non ha mai abbandonato, anche ora che è quasi senza sogni, "mi basta continuare a vivere così il più possibile" butta lì osservando la sua poesia, che lei ha scritto per don Andrea Gallo, e ora sta lì, appesa come un quadro, nei giardini dedicati al prete di strada, il suo prete, e la sua strada.

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