GENOVA - Procede a passi lenti il processo del Morandi bis avviato come costola del processo sulla tragedia del 14 agosto 2018 costato la vita a 43 persone. Ieri, 15 febbraio, le difese dei 47 imputati hanno esposto i motivi per cui a loro avviso vanno escluse le parti civili e gli avvocati delle parti civili hanno replicato, il giudice Lippini si è riservato sull'ammissione sull'ammissione delle parti civili e ha fissato la data del sette marzo come giorno in cui comunicherà la sua decisione.
Le parti civili che si sono presentate al processo Morandi Bis sono Comune di Genova (avvocato Alessandra Mereu), i comuni di Cogoleto Masone, Rossiglione, Campoligure, il Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi (avvocato Raffaele Caruso), le associazioni consumatori Adoc Liguria Uil, Adconsum Cisl, Assoutenti Nazionale, comitato Barriere fonoassorbenti Liguria (Avvocato Luca Cesareo), sindacati Cils, Uil e Confetra Liguria, l'Associazione categoria di Confindustria che si occupa di trasporti (avvocato Carlo Golda), gli artigiani della Cna Liguria, il sindaco dei poliziotti Siulp polizia (avvocato Francesco Formento) e anche alcuni abitanti della Valpolcevera esclusi dal processo principale sul crollo, difesi sempre dall'avvocato Golda.
L'indagine Morandi bis riguarda i presunti falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019, nella foto) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel. Per 12 di loro la procura ha proposto il patteggiamento e l'eventuale decisione verrà comunicata dagli avvocati durante l'udienza. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo.
Tra gli indagati l'ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l'Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi. Archiviato il reato di omissione di atti d'ufficio.
Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".
Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito mezzi in transito. Anche in questo caso per la procura i controlli non venivano fatti in maniera adeguata. Le due società Aspi e Spea sono uscite dall'inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone circa un milione.
Spicca il fatto che fra i sindacati la Cgil ha deciso di non presentarsi in questa fase come parte civile. La spiegazione della scelta in un comunicato dello stesso sindacato reso noto a gennaio: "Le considerazioni che hanno indotto la nostra Confederazione a tale decisione - spiega una nota - sono tutte di merito sindacale e quindi non debbono essere intese come una indebita intrusione nell'ambito giudiziario né una valutazione, di alcun tipo e in alcun modo, sulla complessa indagine e prove che la Procura di Genova ha raccolto e presentato ai Giudici a sostegno delle accuse".
"Il sindacato degli edili di CGIL, la Fillea CGIL, e noi non possiamo che concordare, parte dalla constatazione che i lavoratori coinvolti affermano di aver operato seguendo in maniera pedissequa la manualistica operativa aziendale, codificata sia da Aspi che da Spea e mai oggetto, per quanto a loro noto, di eventuali contestazioni o implementazioni da parte del Ministero dei Trasporti, concedente della rete autostradale in questione e controllore dell'operato delle concessionarie; essi quindi secondo quanto sostenuto dai rispettivi difensori e dal punto di vista quindi dell'organizzazione del lavoro, avrebbero professionalmente ottemperato a quanto loro richiesto".
"Pur quindi nel più assoluto rispetto dell'attività d'indagine della Procura (e di pieno apprezzamento per quanto essa indubbiamente ha svolto nella faticosa ricerca delle responsabilità per le vicende note) la Confederazione, rispetto a questo specifico procedimento e correlative ipotesi di accusa, ritiene di attendere l'esito del processo penale e riservarsi quindi di valutare, a valle di ciò, ogni iniziativa eventuale anche in relazione all'indubbio grande rilievo sociale, lavorativo ed economico che i fatti in esame oggettivamente assumono per l'intera collettività, evitando, in questa fase assolutamente iniziale del procedimento stesso, di costituirsi parte civile".
IL COMMENTO
Regionali, alla Liguria servono politici che sappiano domandare scusa
Il nuovo Galliera non si tocca. Sarebbe un disastro per la sanità