GENOVA -"Il crimine paga, io svaligiando appartamenti per quarant'anni ho fatto la bella vita...".
Lo ha svelato a Miché di Primocanale, Giorgio, nome inventato di un settantenne che ora fa il milite in una pubblica assistenza, come a rifarsi dopo avere procurato tanto dolore alle vittime dei furti.
La sua è una storia complessa, che racconteremo questa sera nella prima puntata di Miché. Lui, fuggito da casa adolescente per scappare dal papà severo, svaligiando abitazioni, soprattutto quelle dei ricchi, ha fatto la bella vita. Sì, con qualche pausa in galera, ma grazie al crimine ammette di avere cambiato tenore di vita, vacanze al mare, in montagna, ristoranti e belle macchine.
La storia di Giorgio è già sui social e sarà trasmessa in anteprima lunedì sera alle 22.30. Orario e giorno che diventeranno un appuntamento fisso con le storie di Miché, che sono diverse.
C'è quella di Antonio che nella sua Sardegna era destinato a fare il pastore tutta la vita e invece per caso è stato per una vita il comandante dei poliziotti del carcere di Marassi. A tu per tu con rapinatori, ladri, brigatisti e pure il serial killer Donato Bilancia, comandante però mai carceriere: perché i detenuti vanno rispettati.
Maria invece è sfuggita a un femminicidio, lei credeva di avere al fianco un angelo e invece ha scoperto che il suo uomo era un demone, possessivo e violento, ora si definisce una sopravvissuta ed è arrabbiata con tutti, anche i centri anti violenza
C'è poi la bella storia familiare di Roberto, vigile urbano della sezione Infortunistica, a cui per anni è toccato il compito più brutto: avvertire i familiari delle vittime degli incidenti stradali, spesso mamme e papà a cui bussava alla porta per dire, "vostro figlio non tornerà". Un'angoscia che Roby si portava in casa. La figlia Alessia, appena diventata psicologa ha avviato uno studio fra gli agenti della municipale per capire e aiutare gli agenti a cui tocca portare le notizie di morte.
Non mancano le esistenze che sembrano guardarsi allo specchio, quella di Pedro, l'anticastrista, l'esule cubano che ha passato la vita a fuggire dal comunismo di Fidel e poi finito a fare la statua vivente davanti alla cattedrale di Genova, o quella di Antonello, colto e romantico, che sogna la rivoluzione del proletariato e negli anni 80 era pure riuscito ad arruolarsi nelle Brigate Rosse, ma troppo tardi. A tradirlo una lettera. Fu arrestato su una panchina di corso Magenta, ed è lì che ha voluto raccontare la sua illusione di un mondo più giusto.
La storia più malinconica è quella di un pescatore che non ha mai avuto un papà e che vorrebbe abbracciare la mamma, una prostituta sparita nel nulla: la sua vita è sempre stata in salita, da un manicomio a giacigli di fortuna, con la solitudine addosso. Lui per due volte quando è salita su una gru o sul ponte Monumentale di Genova minacciando di buttarsi nel vuoto, ai pompieri che gli dicevano di scendere ha posto solo una condizione: "Scendo solo se viene Michele Varì".
L'idea di Miché nasce qui, da semplici storie raccolte per strada facendo il cronista. Storie, piccoli mondi dello stesso universo che se uniti però possono raccontare, fotografare, la storia di tutti noi.
Ps, se avete storie, belle o brutte, che volete raccontare, Miché vi aspetta: la serie di racconti in strada è ancora aperta, contattateci a
IL COMMENTO
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