ROMA -Svolta nell'inchiesta aperta dalla procura di Roma sull'utilizzo di Autostrade per l'Italia della montagna di denaro dei pedaggi che, per gli inquirenti, invece di essere utilizzata per la manutenzione delle opere, come dovrebbe essere, di fatto avrebbero rimpinguato i bilanci che permettevano di distribuire ingenti dividendi ai soci di Aspi e di Atlantia.
Da fonti trapelate da Roma ci sarebbero i primi indagati in seguito alle perquisizioni effettuate dai pm romani nella sede di Autostrade. Il fascicolo aperto sulle "cause remote" relativo al crollo del ponte di Genova si concentra sulla presunta sete di guadagni della famiglia Benetton. Una politica del profitto esasperato che avrebbe portato i manager di Autostrade per l'Italia a risparmiare sulle manutenzioni.
L'ipotesi è che quanto riferito dai magistrati del processo di Genova, ossia risparmiare sulle manutenzioni per ottenere più dividendi, non sia un caso limitato al Morandi ma un vero e proprio sistema che partiva dall'alto, da Atlantia, ossia dalla famiglia Benetton o dal loro cassiere, quel Mion che quando è stato chiamato in aula a Genova ha ammesso le colpe, arrivando a dire che forse ha avvallato tutto per la paura di perdere il posto di lavoro, una risposta che fa rabbia visto che si parla di uno dei manager più quotati e pagati d'Italia.
A fare partire l'indagine nel 2021 sugli incassi miliardari dei pedaggi accumulati negli anni è stato un esposto presentato da quattro avvocati fra cui Raffaele Caruso e Andrea Ganzer, legali di Cna Genova, Cna Liguria, Assiterminal, Usarci Sparci (Sindacato agenti di commercio), Trasporto unito e comitato familiari vittime Morandi.
"Un esposto molto coraggioso e che nasceva da un'intuizione importante delle associazioni - come spiegò l'avvocato Caruso - ovvero che i ricavi dai pedaggi sono stati utilizzati principalmente per risarcire gli azionisti sotto forma di dividendi oltre il limite stabilito da norme comunitarie e che non sono stati quindi utilizzati per le manutenzioni".
A distanza di due anni quella che sembrava una speranza si sta tramutando in realtà: gli investigatori della guardia di finanza hanno svolto una perquisizione negli uffici di Autostrade per l'Italia, che fino al 2022 era una controllata del gruppo Benetton attraverso la holding Atlantia, e in quelli del ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili.
L'obiettivo degli inquirenti acquisire la documentazione necessaria per controllare gli utili accumulati in questi anni. Primo passo dell'indagine aprire un fascicolo ipotizzando i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato.
Le cause risalirebbero prima della tragedia del crollo di ponte Morandi. Tutto ruota intorno alla convenzione aggiuntiva Anas-Autostrade del 23 dicembre 2022, assorbita in una legge del 2004. Una norma che prevedeva incrementi nei pedaggi che andavano ad aggiungersi alla tariffa forfettaria a chilometro introdotta nella prima convenzione del 1997 e propedeutica alla privatizzazione della rete autostradale.
L'opera più importante e costosa è proprio in Liguria, si tratta della bretella Rivarolo-Voltri a Genova, un passante del costo di 1,8 miliardi di euro, che vent’anni dopo non è (ancora) stato realizzato. I pm vogliono fare chiarezza su come è stata "costruita" quella porzione di pedaggio destinata agli investimenti, quanti siano stati utilizzati per le opere non realizzate. Successivamente si dovrà capire se i Benetton abbiano usato quei fondi per pagare le azioni di Aspi e aumentare i dividendi delle cospicue risorse provenienti dai pedaggi e destinate a opere incompiute.
IL COMMENTO
Grazie dei consigli, caro Principe
Il Pd ha i voti e i giovani forti, ma restano i “parrucconi”