GENOVA - Continuano le perizie per Alberto Scagni, l'uomo che il primo maggio uccise a coltellate la sorella Alice. "Una bomba a orologeria" lo ha definito Elvezio Pirfo, il perito del giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, nel corso dell'ultima udienza dell'incidente probatorio sulle condizioni psichiche di Scagni.
Il perito ha anche sottolineato il nesso causale tra la malattia mentale dell'uomo e l'omicidio. Secondo Pirfo, Alberto è semi-infermo di mente ma capace di stare in giudizio, mentre per il consulente della procura Giacomo Mongodi è pienamente capace.
Le due visioni contrapposte aveva portato a uno scontro tra gli esperti e a una riapertura dell'incidente probatorio lo scorso novembre. In aula era presente Scagni, difeso dagli avvocati Maurizio Mascia ed Elisa Brigandì, e anche i suoi genitori, Antonella Zarri e Graziano Scagni, assistititi dall'avvocato Fabio Anselmo.
L'accertamento sulle condizioni mentali di Scagni è un passaggio importante perché potrebbe avvalorare le accuse dei familiari contro l'inerzia di polizia e medici.
Questi ultimi all'uscita hanno puntato il dito ancora una volta contro la procura. "Non hanno iscritto il nostro esposto - hanno detto - e non ci permettono di essere parti civili. Noi siamo nessuno pur avendo una figlia morta e un figlio malato di mente e in carcere. E così non ci fanno sentire le telefonate che abbiamo fatto al 112 quel giorno ma non solo. A questo punto non ci resta che incatenarci davanti la procura per avere riconosciuto il nostro diritto". Per la seconda indagine, quella sulle omissioni, la procura ha indagato due agenti di polizia e un medico della salute mentale che avrebbe dovuto prendere in carico Scagni dopo le segnalazioni dei genitori (LEGGI QUI).
Per mamma e papà sarebbero stati sottovalutati gli allarmi e le richieste di aiuto: se fossero stati ascoltati e se si fosse intervenuti, Alice si sarebbe salvata. Scagni aveva ucciso la sorella, madre di un bimbo di un anno e 4 mesi, perché voleva più soldi dalla famiglia
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