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Proprio quando pensavamo di esserci lasciati alle spalle il Natale da consumarsi rigorosamente in un numero dispari di persone uguale o inferiore a cinque, con le finestre aperte per riciclare la frizzantina aria di dicembre e con una distanza di almeno un paio di metri tra i commensali rigorosamente uniti da legami di sangue, ecco che spunta il decalogo firmato da Helena Dalli, ex miss Malta, ex modella, ex attrice, attuale commissaria europea all'Uguaglianza designata dal Partito Laburista. Una sorta di Mara Carfagna in salsa maltese.

L'elenco è lungo – ben 32 pagine di suggerimenti - e comprende: guai ad augurare Buon Natale, i non cristiani potrebbero risentirsi; ma anche occhio a non citare nomi a caso come Giuseppe e Maria, perché Malika e Mohammad potrebbero insorgere; astenetevi pure dall'utilizzare termini inappropriati come “colonizzare Marte”, i marziani potrebbero aversela a male; non pronunciate la fatidica frase "signore e signori", è sufficiente un "cari colleghi".

Più che un decalogo, sembra uno stupidario. Se non fosse che molte persone, intellettuali e non, ci credono, lo alimentano e lo legittimano. Compresi numerosi mezzi di informazione, che adesso si scandalizzano o fingono di scandalizzarsi. L'iniziativa della Commissaria Ue altro non è che la conseguenza, stavo per scrivere la deriva, di un politically correct diventato talmente estremo dallo sfociare nel ridicolo. E, soprattutto, nell'inutile. L'unica giustificazione è, probabilmente, il lauto stipendio dell'ex valletta de La Valletta. Laddove il termine, mi raccomando, non si intenda come denigratorio e riduttivo. Se, giustamente, non deve vergognarsi di alcunché un netturbino, perché mai dovrebbe farlo una persona che sfila? Si tratterebbe di un'ipocrisia.

Tra l'altro conosco persone musulmane che mi augurano tranquillamente Buon Natale e non sono assolutamente disposte a farsi saltare in aria se qualcuno rivolge loro lo stesso augurio. Conosco donne più inclini al merito, al navigare in mare aperto che al recinto delle quote rosa. Non conosco marziani, è vero, ma sinora nessuno di loro, ammesso che esistano, è oggettivamente responsabile dei danni alla Terra più di quanto lo siamo noi umani sovrappopolati (difatti Greta, quella svedese, pontifica qui nei dintorni, mica sulla Luna).

Tuttavia, talvolta gli effetti del politicamente corretto hanno involontariamente anche ricadute benefiche. Dopo essersi genuflessi alla Thunberg – pena l'essere tacciati di insensibilità verso i minori – i potenti della Terra hanno infatti iniziato a riflettere seriamente sul tema importantissimo del cambiamento climatico. Non prima di avere incassato i gran rifiuti dei Paesi emergenti, come Cina, India, Russia, riottosi alle misure che avrebbero avuto un immediato impatto devastante sul loro sviluppo e benessere, partiti da poco. In attesa che Greta vada a protestare anche lì e a far inginocchiare Xi Jinping e Putin, persino in Italia si è tornato a ragionare sul nucleare. Lo abbiamo a 130 km di distanza da Trieste, ancora meno dalla Francia, ma preferiamo importare e pagare l'energia a caro prezzo.

Forse, però, una soluzione esiste. Poiché noi il nucleare lo abbiamo abolito nel 1987 a colpi di referendum, in base al decalogo della Commissaria maltese potremmo ripristinarlo con un trucco: definendolo semplicemente "sistema alternativo o diverso di produrre energia". Essendo trascorso così tanto tempo dallo spegnimento dell'ultima centrale sul suolo italico, nessuno si ricorderebbe più di quella intimidatoria parola – nucleare – e soprattutto l'eolico e il solare non avrebbero motivo di offendersi. Con buona pace di Helena e i suoi seguaci.