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3 minuti e 19 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Un po’ di anni fa scrivevo un commento che cominciava così.
Puntualmente come la stagione dei funghi a ottobre, è rispuntato il progetto del tunnel sotto il porto. Così si chiamò quando apparve alla fine del Novecento, mentre ora vedo che viene denominato tunnel “subportuale”. Insomma l’idea poi più volte, a ripetizione, bocciata, accantonata o soltanto dimenticata, di uno scavo sotto il porto genovese entro cui far transitare auto e camion, entrando a San Benigno e uscendo alla Foce, magari dentro la meraviglia nascente del Waterfront disegnato da Renzo Piano.
Grazie alla mia età avanzata avrò la grande fortuna di non vederlo, anche se mi sento di tranquillizzare chi ritiene sia un progetto utopistico, di difficile realizzazione soprattutto per ragioni tecniche, di sicurezza e di costi.”
Per questo motivo, il dibattito aperto con una provocazione dell’editore di Primocanale, Maurizio Rossi “Utilizziamo il miliardo del tunnel per riaggiustare Genova” mi pare importante e serio. La risposta del sondaggio tra i genovesi su questa galleria acquatica è netta: bocciato. Pensiamo a cose più serie e urgenti.

Non amo i tunnel, sono claustrofobici. Un tunnel che poi ha un pezzo di mare con tanto di navi di dodici piani sulla testa mi inquieta.
Immagino un banale tamponamento lì sotto con l’immane coda di auto e camion, di bus e moto, che bloccherebbe il traffico, paralizzando il resto della città, come accade quando si inceppa la Sopraelevata. Ma sulla Sopraelevata sono all’aria aperta. Sto fermo in coda ma posso godermi la vista del giardino di Palazzo Reale o dei moli portuali.
In quanto al tunnel ricordo una curiosa (per non dire altro) iniziativa nel maggio del 1998 dell’Associazione Repubblica di Genova che propose un progetto secondo gli autori fattibile in cinque anni (!) di un doppio tunnel sotterraneo da Nervi a Voltri, cioè circa 30 chilometri di lunghezza, ideato da una società specializzata in costruzioni sotterranee la quale garantiva costi e tempi bloccati e addirittura la possibilità di realizzare l’opera in autofinanziamento.

Oggi un miliardo sarebbe una cifra consistente che mi piacerebbe fosse usata per una manutenzione soprattutto della città degli anni Settanta, quella cresciuta con grattacieli aggrappati alla ex collina, uno sull’altro. Arruffati in un disordine architettonico motivato dalla necessità di cementificare e fare case per la gente . Per esempio salendo da via Montaldo, dietro la casa natale del poeta Camillo Sbarbaro e davanti a quella del killer Donato Bilancia, la via Davide Menini (“Le truppe di Menini vennero coinvolte poco dopo nella battaglia di Adua che rappresentò la fase più sanguinosa dei vari episodi bellici coloniali di quegli anni. Essa venne combattuta il 1º marzo 1896  contro le truppe abissine. Durante le operazioni Menini morì il giorno stesso della battaglia divenendo celebre per aver rifiutato il soccorso per permettere ai suoi uomini di avanzare spronandoli al grido "Avanti, miei alpini!".), strettissima via con tornanti senza soluzione di continuità. Impossibile farci passare un bus, non credo sia raggiungibile con ascensori, ma solo a piedi con l’aiuto di una guida alpina o in auto. O via Berghini salita montana di San Martino, o via San Felice verso l’Acquedotto storico, o tante altre che caratterizzano l’’urbanistica un po’ folle, ma ardimentosa della fine degli anni Sessanta e degli anni Settanta.
Una Genova quella costruita in quel periodo che soffre parecchio: scarsa mobilità, faticosa, negozi ormai quasi tutti con le saracinesche abbassate, pochi servizi.

Più delle cosiddette “periferie” che nel nostro caso spesso sono paesi con una loro autonomia fatta di storia e cultura.
Ecco immagino che una parte del miliardo del tunnel dimenticato possa essere destinata proprio alla “città da 15 minuti”, ma va bene anche quella da “30 minuti” che mi sembra per fortuna ispirare gli obbiettivi della sindaca Salis. Ammesso che resti a fare la sindaca e non si faccia convincere da Renzi e Franceschini ad andare a Roma. Governare il Pd e i suoi alleati è molto, molto più complicato che percorrere le stradine di Genova. Anche quelle in salita e con i tornanti del Galibier.