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di Franco Manzitti

Se ne è andato Franco Marenco a 85 anni, ex parlamentare, ex consigliere comunale, uomo di una destra vera, autentica, decisa che discendeva dal MSI e poi da AN e che aveva venature rautiane, che era netta e dignitosa nei suoi principi. Tanto che alla fine lui, lontano oramai da tempo da ruoli operativi, ma fermo nei suoi valori, si era affacciato a “Forza Italia”, in cui si riconosceva meglio che in “Fratelli d’Italia”, di cui indicava con una certa causticità i difetti.

La sua scomparsa, quasi come quella di uno degli ultimi dei Mohicani, può provocare nostalgia anche a chi, come me per ragioni di formazione, di storia famigliare, era lontano anni luce dai suoi valori, discesi comunque dal postfascismo.
E’ la nostalgia per una destra netta e coriacea, che conduceva le sua battaglie frontali e senza compromessi, da posizioni che erano state prevalentemente di larga minoranza e che quando non lo furono più, o lo furono meno, manteneva la totale fedeltà nelle sue radici, ma anche il rispetto per i “nemici”, gli avversari, magari rimontati nei consensi, in un cambio politico che dal 1994 in avanti, con Berlusconi, aveva sconvolto tutti gli equilibri e gli umori politici.
Franco Marenco manteneva la stessa quota di aderenza alle sue origini, ma sapeva rapportarsi con gli avversari senza la virulenza, la spocchia, le volgarità che contraddistinguono oggi, e purtroppo, le contese tra la destra e la sinistra o meglio tra il centro destra e il centro sinistra.
Certo lui era nato e cresciuto in un sistema politico diverso e per molti versi molto più duro e spietato, quello dell’ “arco costituzionale”, dal quale la sua parte era esclusa.
Chi dimentica le sue battaglie furiose in consiglio comunale dai banchi dell’opposizione, insieme magari a qualche populista ante litteram, come il leghista Sergio Castellaneta, contro gli insediamenti del campo nomadi, contro il bilancio del comune allora nell’era dei sindaci Merlo- Burlando.
Era una opposizione urlata, un filibustering spesso esagerato, ma aveva la classe, comunque, del rispetto per i contendenti, combattuti sul piano politico, mai sul piano personale, come avviene oggi.
Basta vedere la recente vicenda dei dossieraggi contro la sindaca Salis, le sue risposte e quelle disarmanti dell’ex vicesindaco Pietro Piciocchi. E’ un’altra storia quella della politica di oggi, contaminata dai social, dai leoni da tastiera, sfociata prevalentemente in risse, corrotta dal voyerismo e dall’esibizionismo mediatico.
Eppure lui, campione di quella destra tutta d’un pezzo, sapeva resistere anche nel mondo nuovo, perché l’impegno parlamentare lo aveva come raffinato e gli aveva fatto conservare una finezza di osservazione dello scenario politico molto raro: la capacità di riconoscere bene gli uomini, di individuarne le capacità e le mancanze, anche sopratutto tra i “suoi”.
Ha sempre avuto coscienza della sua origine e per questo vale la sua ultima presenza pubblica, quando a Genova arrivò Alemanno, non certo un campione di democrazia e di distanza dalle origini “nere”. Ma Marenco conservava la dignità dei suoi principi originali e la coerenza antica.
Era sempre informatissimo sui movimenti politici della città e del paese, aveva sempre fonti segrete e affidabilissime, che gli suggerivano da Roma emergenti, candidati possibili, del suo fronte, ma anche degli altri.
Per noi cronisti era una fonte sicura e fedele, un confronto utile e anche un modo di riportare le contese politiche nelle giuste proporzioni senza sbaffi e esagerazioni.

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