Siamo proprio sicuri che interessi a qualcuno la colpevolezza di Giovanni Toti e degli altri indagati nella maxi inchiesta che ha squassato la Regione e il porto di Genova? Al tribunale, probabilmente. E forse a nessun altro. Perché quello che questa vicenda doveva produrre l'ha già prodotto: mancano solo le dimissioni del presidente e la caduta della Giunta ma per quello, salvo improbabili arroccamenti, è solo questione di tempo.
Perché nel nostro Paese, e non è la prima volta, la vera punizione è quella della gogna mediatica: le condanne e il tintinnio di manette sono troppo rari e lontani nel tempo per eccitare gli animi della folla ingorda di sentenze.
E così il 'Toti gate', come lo chiamano i colleghi con poca fantasia, è più una storia boccaccesca di vacanze monegasche, champagne e bracciali Cartier: è la vicenda di uomini troppo vecchi per ragazze troppo giovani, di vite da condurre al massimo, se possibile con i soldi degli altri. Del passaggio chiave, cioè della mazzetta che sarebbe servita per aggiustare la concessione del Terminal Rinfuse o per perorare le cause 'spinnelliane' su spiagge e banchine, per ora non c'è traccia. E se anche ci fosse, tra le millequattrocento e rotti pagine del faldone o nelle seicento e passa dell'ordinanza o magari nei diecimila atti di cui si fantastica in ambiti forensi, interesserebbe poco. Molto meglio una foto provocante di una giovane e incolpevole fidanzata-modella, scatto magari rubato da un set fotografico che non ha niente da spartire con la vita reale. Anime innocenti gettate nel tritacarne senza alcuna pietà.
Ed è anche una storia di continue imprecisioni, perché tanto tutto scorre come se questa non fosse vita vera ma una sorta raccapricciante show: e allora spuntano “nuove inchieste”, “nuovi filoni”, che nuovi non sono per niente e se lo fossero non potrebbero far parte dei capi di imputazione che hanno portato persone in carcere o ai domiciliari. Se è nuovo ciò che leggo adesso, tutte le pagine che non ho ancora sfogliato sono nuove: ma se lo sono per me non lo sono per la cronaca, per la storia.
Stamattina leggevo sul Foglio un articolo di Ermes Antonucci che, con dovizia di dettagli giuridici che non sono in grado di commentare, sostiene che i Pm genovesi abbiano forzato la mano nei capi di imputazione nei confronti di Giovanni Toti al solo scopo di farsi autorizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali. E che quelle forzature avranno l'effetto collaterale di rendere inutilizzabile, ai fini processuali, tutto quello che stiamo leggendo e scrivendo in questi giorni. Non ho idea se sarà questa la fine delle intercettazioni e, se posso permettermi di aggiungerlo, spero proprio di no.
Perché arrivati a questo punto io pretendo che Giovanni Toti abbia stretto vergognosi accordi con la mafia per vincere le elezioni. Pretendo che Paolo Emilio Signorini abbia venduto Palazzo San Giorgio in cambio di braccialetti e alberghi e che Matteo Cozzani sia il dominus di una cricca di criminali indegna anche del nostro saluto.
Perché se così non fosse, chi gli ridarà la vita indietro?
IL COMMENTO
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